
Scritture scriteriate
Cento anni fa nasceva Luigi Dania
Serietà e Ironia all'insegna dell'Arte e
della gioia di vivere
Luigi Dania è morto l'11 settembre 2011. È stato uno storico e critico d'arte, nonché pittore, abbastanza noto. Era nato a Bassano del Grappa nel 1921, primogenito dell'ingegnere ferroviario Cesare (nato a Portici) e della pittrice torinese Giannina Giordana. La storia della famiglia Dania ha origini antiche e vanta personaggi nel mondo ecclesiastico e nel Risorgimento. Dagli anni '20 si erano trasferiti a Porto San Giorgio in un villino progettato dallo stesso Cesare col padre, anch'egli ingegnere. Qui Luigi visse quasi fino alla fine, circondato da migliaia di libri, da pezzi d'arte e quadri. Avvocato pentito, Luigi ha dedicato tutta la sua esistenza all'arte. Ha organizzato mostre, ha partecipato ad esposizioni, ha fatto ricerche d'arte sfociate in saggi specialistici su artisti come Crivelli, Giaquinto, Guercino, Duranti, De Carolis, Cantatore e molti altri artisti di epoche diverse.
Ma chi era l'uomo Luigi Dania? Certamente la storia della famiglia, i viaggi, gli studi, i contatti artistici (fra tutti mi viene in mente il grande artista espressionista Oskar Kokoschka) sono tra i motivi che giustificherebbero una biografia approfondita ben curata, ma non meno interessante sarebbe raccogliere semplici testimonianze sulla persona nella sua quotidianità.
Nel centenario della nascita mi piace soffermarmi su particolari minori della sua vita, su fatti apparentemente insignificanti che se ben letti ci possono fornire pezzi di un profilo umano di questo personaggio della provincia marchigiana molto conosciuto non solo a livello nazionale.
Andrebbe indagata la sua scelta di vivere a Porto San Giorgio, piccola città del litorale marchigiano, con puntate sistematiche alla Biblioteca civica di Fermo. Una vita in provincia con l'occhio volto al di fuori della regione e dell'Italia stessa. Contatti internazionali, studi all'estero, viaggi facilitati dalla padronanza delle lingue e dalla disponibilità finanziaria, pubblicazioni in riviste inglesi specializzate e via dicendo. Nelle Marche le sue amicizie non erano limitate solo a personaggi importanti come Osvaldo Licini, di cui fu amico e consigliere, e neppure ad importanti intellettuali che frequentavano la biblioteca fermana, come lo storico della medicina Santoro, lo psichiatra Polimanti, lo storico Gabriele Nepi, lo storico della letteratura Alvaro Valentini col quale curò un fondamentale libro sull'arte nel fermano, il docente di chimica e cultore di Dante Marcello Seta. Riservato e persino a volte schivo, tuttavia alieno da pregiudizi, cercava contatti ed amicizie con persone le più disparate per valore intellettuale, capacità artistica, orientamento politico e si interessava di ciò che di buono fanno o possano fare: artisti sconosciuti o quasi, giovani studiosi in cerca di consigli, chiunque fosse interessato all'arte.
Con tutti intratteneva rapporti cordiali, improntati alla generosità d'animo, al disinteresse materiale e tutti rispettava; manteneva un suo aplomb tipico di certa borghesia rispettosa di chi lavora bene e onestamente; si ritirava discretamente di fronte all'arroganza e alla presunzione degli ignoranti, anche se talvolta nei loro confronti si sfogava in privato, con ironia o addirittura con mordace sarcasmo, amante qual era dei giochi di parole, dei lazzi letterari, indulgendo alla leggerezza e a un certo surrealismo. A proposito del piacere che Luigi trovava nell'ironia, si racconta di come incontrando l'amico Gigi Tosoni, che si dilettava di poesia, narrativa e pittura, pubblicamente lo avesse salutato con simpatia citando il titolo del suo libro di racconti Un melone per un milione. Il gustoso e ben scritto libro raccoglie racconti di vita vissuta di un paese di provincia, divertenti, che ci confermano come Luigi amasse la gente comune e le sapide storielle che nascono nei caffè, intorno ad un tavolo da gioco.
Il suo stesso modo di vestire, un poco all'inglese, preciso, ordinatissimo, austero e mai altezzoso lo indica in modo distinto come uomo non comune, incurante dei pasticci alla moda. Indossava un cappello che toglieva per riverire una signora, talvolta per salutare un amico di lontano. Qualcuno lo aveva definito, con una certa ironia, lo scappellatore, ma forse non aveva capito che quel gesto un po' ostentato faceva parte del personaggio e sottolineava una signorilità d'altri tempi. Anche nel dialogare si distingueva. A Porto San Giorgio è sempre stato d'uso il tu, invece Dania si atteneva rigorosamente al lei, anche con me giovanissimo, e non lo faceva per marcare un distacco di superiorità, bensì per rispetto dovuto a chiunque.
Se era sempre pronto ad ascoltare e dare convintamente ma con delicatezza qualche consiglio, se prendeva sul serio proposte di collaborazione ed aiuto è perché, diceva, "a tutti bisogna dare una opportunità". Discrimine erano la buona fede (che inizialmente presumeva in tutti) e l'assenza di presunzione ed arroganza. In cambio nulla chiedeva. Un articolo di critica d'arte per lui non era moneta di scambio; una intermediazione per la vendita di un'opera non comportava un compenso. In poche parole, l'arte doveva essere per tutti e poteva essere di tutti. A suo modo era rispettoso della concezione cristiana di persona umana, unica ed irripetibile.
E a riprova di ciò, c'è la sua attività di organizzatore di mostre di giovani artisti poco o per niente conosciuti, per i quali metteva la faccia partecipando anche con proprie opere. Così la produzione di una bella cartella di serigrafie o una mostra che negli anni '80 vedono un suo pezzo accanto a quelli del vecchio poeta Acruto Vitali, ma soprattutto di giovani artisti come Luzi, Angelini, Di Blasio, Iommi, Gentili, Moriconi. Tradizione e novità, anziani e giovani, attraverso l'impegno di Luigi venivano facilmente a confrontarsi. Diverse esperienza e formazione artistica trovavano in certo modo punti d'incontro che preludevano a future più organiche collaborazioni e a una crescita tecnica ed intellettuale che portasse la provincia su territori più larghi. L'obiettivo era sempre fare e indurre a fare sempre meglio.
Di questo modo di intendere l'organizzazione della cultura artistica sarà in anni successivi testimone anche un altro amico di Luigi, il fotografo ed artista Eriberto Guidi, che entrerà nel giro degli artisti sangiorgesi con l'iniziativa su Pittori e poeti intorno al tema della luce. Nella sua riservatezza portava con sé tutta la sua formazione intellettuale, umana e familiare di cattolico convinto ma non esagerato, parlava con chiunque, ma, come ho detto, evitava tutto ciò che gli apparisse incivile, volgare, violento: un borghese liberale e certamente anticomunista, ma non moralista reazionario, studioso rigoroso, un buon conservatore aperto alla modernità, che non ostentava mai il suo sapere, semplicemente lo metteva a disposizione. Non entrava facilmente in contrasto con le persone e non avendo il carattere di un combattente, evitava lo scontro critico; poi, però, si prendeva qualche soddisfazione affibbiando epiteti e definizioni scherzose a questo o quello, addirittura scrivendone qualcosa con salace sapidità, mai con cattiveria.
In sintesi, direi che Luigi Dania era un europeo di amplissime vedute che viveva in provincia per scelta e vocazione umana. Avendolo conosciuto mi chiedo come fosse stato costretto ad intraprendere la carriera forense. Quello di avvocato non era certo mestiere per lui, sia per incapacità a mentire, sia per difficoltà ad accettare i compromessi del foro. Le capacità oratorie non gli mancavano, anzi, ma esse non potevano che esprimersi in tutt'altro campo. L'amore viscerale per l'arte non poteva coniugarsi col mestiere di avvocato e quindi, potendo permettersi uno stile di vita più che dignitoso, aveva investito tutto negli artisti, nello studio, nella ricerca, nelle pubblicazioni specialistiche.
Certo è che preferiva il lavoro silenzioso, l'applicazione indefessa sul pezzo, la verifica quasi maniacale d'ogni particolare di ogni ipotesi interpretativa. Con tutto ciò non si deve credere che fosse topo di biblioteca ché si dedicava anche ad altro e soprattutto se, se ne vuol cogliere l'umanità, bisogna riferirsi ai piccoli episodi testimoniati da amici e conoscenti. Per esempio, scriveva solo a mano e con macchina da scrivere, mai al PC forse per una idiosincrasia generazionale. L'informatica non lo attirava. Era polemico con gli studi fatti con l'ausilio del PC. Ne parlammo e gli feci l'esempio concreto dello studio fatto da un americano sul catasto fiorentino che aveva sbaragliato quello tradizionale del professor Conti dell'Università di Firenze. Non credo di averlo convinto.
Ma poi c'è dell'altro. Un aspetto curioso del suo modo di vivere è il rapporto non occasionale con la buona cucina. L'arte è spesso associata alla gastronomia ed anche in questo caso Luigi era a suo modo artista. Un autodidatta del gusto che amava intrattenersi con gli amici in cene memorabili, degustando vini d'eccezione. Parlava di cibo e di vini come poteva intrattenere su un quadro, sui colori, le luci, i volti. In proposito ho un aneddoto che dà conto di certo sua qualità. Tanti anni fa il nipote mi aveva regalato una preziosa bottiglia di Gewurztraminer. Incontratolo casualmente, Luigi mi consigliò di gustarlo con del salmone affumicato, meglio ancora aggiungendo della cipolla tagliata fine. Nel dire questo argomentava muovendo le mani nel gesto di tagliare con precisione la cipolla, con gesti quasi teatrali, come a gustare egli stesso la preparazione e a pregustarne il risultato e gli effetti sul palato.
Dania era anche questo, perché l'amore per l'arte per lui era anche un gusto particolare per la vita e le amicizie. Il nipote racconta di come, pur non essendo pratico di cucina applicata, sapesse gustare ogni specialità ed andasse a ricercarne per farne dono ai familiari: dolci tipici, particolari vini, cose sfiziose. Mi immagino Luigi ad una tavola con amici, a discutere d'arte fra un boccone ed un buon bicchiere e a intrattenere gli astanti su ricette particolari, vini d'eccezione, locali accoglienti e semplici. Credo che persino in questi momenti tirasse fuori il meglio di sé, coniugando amicizia, arte, cibi, battute ironiche, giochi di parole scherzosi favoriti da qualche bicchiere in più. In Luigi arte e vita hanno trovato un connubio semplice e felice. Di fatto amava l'arte perché amava la vita, in tutti i suoi aspetti, così come curava l'amicizia in chiunque volesse esprimere qualcosa di umano e poetico. Mi rammarico di non aver mai preso parte ad uno di questi banchetti artistici. Così è quasi commovente muoversi fra le carte d'archivio lasciate alla famiglia e trovarvi pezzi della sua vita. Mi rincuora che questi materiali siano oggi in buone mani e che possano contribuire ad una biografia del professor Dania, come noi lo chiamavamo, dandogli ancora e sempre del Lei.