Alla ricerca del tempo perduto

21.02.2022

Vorrei tanto poter guardare negli occhi i ragazzi e le ragazze non solo del Liceo Scientifico "Righi" di Roma ma di decine e decine di scuole in cui - grazie al cielo! - si discute e ci si confronta sui sacrosanti salti generazionali, litigando su mode, costumi e abitudini che evolvono, lasciando sul campo inevitabili frizioni e confronti. Perché è sempre stato così e così continuerà ad essere nell'infinito circolo della vita.

Guardarli negli occhi per poter raccontare loro tutto ciò che colpevolmente noi adulti abbiamo smesso di studiare e approfondire, finendo per restare senza argomenti, quando un ragazzo ci urla in faccia tutta la sua voglia di distinguersi dal mondo dei grandi. Solo che spesso questi "grandi" passano buona parte del loro tempo a scimmiottare i figli, negli atteggiamenti, nel modo di vestire e comportarsi, inseguendo un giovanilismo un po' patetico che finisce per farli apparire non tanto più freschi quanto più fessi.

Vorrei raccontare a questi ragazzi che se loro oggi danno per scontate certe libertà lo devono a coloro che hanno avuto il coraggio e la forza di combattere battaglie vere, quando non si trattava solo di affermare il diritto a mostrare un ombelico scoperto (capirai, c'era arrivata Raffaella Carrà cinquant'anni fa) o di un balletto da pubblicare sui social. Ci fu un tempo, cari ragazzi, in cui si trattò di scardinare un'intera idea di società. Accadde quando "emancipazione" faceva rima con un futuro diverso da assicurare in special modo alle ragazze, da sottrarre al giogo della caccia al marito pur di liberarsi dell'autorità paterna. Quando "rivoluzione sessuale" significava poter urlare in pubblico, per la prima volta in quasi duemila anni di storia, il diritto al piacere fine a sé stesso anche per lei. Quando significò combattere battaglie epocali per trasformare la società italiana in quel mondo che i nostri figli danno per pacifico e indiscutibile. Sarebbe bello far vedere loro quanto ciò che considerano provocante e fuori schema oggi sia stato fatto - e al cubo - cinquant'anni fa.

Certo, non c'erano i social per condividerlo in tempo reale, ma il sesso libero di Woodstock è arrivato fino a noi, mentre un balletto su TikTok dura lo spazio di uno swipe. Ma il punto, alla fine, resta lo stesso: se gli adulti rinunciano al loro ruolo perché privi degli strumenti culturali necessari a offrire una visione ai ragazzi, tutto si riduce a casi pompati dai media per un paio di giorni, rumore che dopo un po' svanisce senza lasciare traccia. Piuttosto, sfidiamoli a conoscere e capire e, se ne saranno capaci, a fare meglio di quei ragazzi e quelle ragazze che gli hanno regalato questo mondo.