Bboni, bboni

27.02.2023

Chiamare Maurizio Costanzo "giornalista" è decisamente riduttivo, perché è stato uno dei pochi di cui si può dire «muore l'uomo ma non le sue idee», comunque le si giudichino. Idee di televisione che hanno modellato non solo le nostre serate ma anche la trasmissione della cultura, il confronto sulle idee e soprattutto la politica.

Costanzo introdusse i politici nel format televisivo che lui per primo aveva lanciato in Italia, il talk show, prima con Bontà loro e poi con il Maurizio Costanzo Show. Nel giro di pochi anni fu il format del talk show a introdursi nei politici, fino ad allora confinati negli spazi austeri delle tribune elettorali di Ugo Zatterin.

Nel corso del tempo gli onorevoli, i senatori e perfino i premier sono diventati animali da telecamera, con uno staff di consulenti d'immagine e ghost writer per suggerirgli battute spiritose perché non tutti avevano la verve di Giulio Andreotti - il cui definitivo tramonto pubblico non a caso fu sancito non da accuse, sospetti e presunti baci con boss mafiosi, ma da un malore occorsogli proprio durante un talk-show.

E non è successo solo con i politici. Chiunque diventi appena un po' famoso, che sia la vittima di un sopruso, l'autore di un best seller, uno scienziato o un'indossatrice, deve mettere in conto l'invito in un salotto televisivo, dove non solo ci si aspetta che risponda a domande che lo riguardano, ma che abbia opinioni su qualunque argomento e sia pronto a rimbeccare o, meglio ancora, a interrompere gli altri ospiti, perché la gazzarra fa audience.

Ed è stato Maurizio Costanzo a incoraggiare e a brevettare la pratica di cui il risultato più rappresentativo è un oscuro critico d'arte che senza il Costanzo Show non sarebbe mai diventato Vittorio Sgarbi. E Costanzo era il solo a saper dirigere il palco con un «bboni, bboni» equivalente al frustino con cui Barnum teneva sotto controllo il suo circo di fenomeni.

Ma del circo del talk show alla Costanzo, formula che dura ancora oggi, fa parte anche il pubblico in studio, cui si chiede di applaudire sia il reduce dei lager che il negazionista, sia la suora missionaria che il pornodivo, sia lo scrittore famoso che la pesciarola sboccata: l'applauso è una livella che mette sullo stesso piano (un seminterrato) tutto e tutti tranne il conduttore.

Nessuno più è in grado di governare con pacato cinismo ospiti e platea come faceva Maurizio Costanzo. I suoi eredi non ne hanno lo spessore. Non hanno, soprattutto, la malinconia nascosta di un uomo che ha fatto la nostra televisione, ma che si era fatto col giornalismo e il teatro, e lì aveva lasciato il cuore. Forse era questa nostalgia a dargli quel tono stanco e un po' annoiato di chi sotto sotto vorrebbe essere da un'altra parte.