Camaleonti

15.03.2023

Un tempo c'era una pubblicità che riguardava un'automobile ma per la nota proprietà transitiva dello status symbol la sua virtù ricadeva anche sull'acquirente al quale si rivolgeva lo slogan ammaliante: "Piace alla gente che piace". C'era, poi, un altro celebre slogan pubblicitario, affiancato a una cucina e al volto sorridente di Lorella Cuccarini, che diceva: "La più amata dagli italiani". Mettete insieme i due tormentoni e avrete la filosofia politica degli ultimi tempi o, forse, di ogni tempo: piacere ed essere amato.

Nessuno più del politico, nemmeno la più vanitosa delle amanti, è tutto dedito alla ricerca costante del consenso e al desiderio di essere amato. Il dilemma, che era già stato posto molto bene da Machiavelli e che il segretario fiorentino aveva risolto consigliando di scegliere il primo punto del dilemma - meglio che il principe sia temuto o amato? - è di fatto superato dalla politica contemporanea, caratterizzata dalla convenienza e dal ricambio settimanale delle idee.

Il politico sceglie sempre ciò che gli conviene al momento: la lungimiranza non è una sua virtù. E la scelta è presa sulla base dei sondaggi del momento: si annusa l'aria, si consultano le percentuali e si prende posizione non guidando ma facendosi guidare. Si spiegano così i repentini cambi di opinione su temi sensibili come energia, Europa e guerra.

A questa regola non sfugge nessuno, né a destra né a sinistra. Tutti hanno fatto i loro cambiamenti. Non pochi avevano una posizione favorevole alla guerra quando erano al governo e ora che sono all'opposizione si ritrovano su posizioni pacifiste. Il Reddito di cittadinanza sembra che abbia oggi un solo padre, ma quando fu varato al tempo del primo governo Conte di padri ce ne furono almeno tre. E si potrebbe continuare per un bel po'. Si dirà: va bene, ma le stagioni della politica e della vita cambiano e bisogna saper fare di necessità virtù. È davvero così? Non proprio. Infatti, nel cambio repentino di posizioni in base alla convenienza del momento si è persa la facoltà principale della politica: la leadership. Il caso emblematico è senz'altro la crisi del Pd, che oggi è alla ricerca disperata di una strada che ha perduto da tempo e che la nuova segretaria cerca di ritrovare con gli stessi uomini di prima.

C'è poi un altro elemento: il ricambio delle idee come forma mentale del nostro tempo, per cui bisogna innovare per innovare. Tutto ciò che innova è bene, tutto ciò che è tradizione è male, e così l'innovazione è diventata così veloce da risultare vana. L'innovazione priva di tradizione è una sorta di palloncino gonfiato che si stacca da terra e si perde tra le nuvole. Il gusto dell'innovazione tecnologica e comunicativa fa perdere alla politica una qualità fondamentale: la stabilità. In un mondo in cui tutto muta – la famosa liquidità – c'è bisogno di riferimenti stabili, altrimenti l'innovazione continua della politica non genera innovazione ma vacuità. Non è un caso se i problemi italiani – dalla giustizia alla scuola, dal debito all'economia reale – sono immutabili.