Chi di dovere

26.02.2021

La nomina a sottosegretario alla Cultura della senatrice Lucia Borgonzoni, salviniana pura, ha provocato ironia, indignazione, sconforto e incredulità: ma 'sto Draghi sarà davvero tutto quel che si dice? Lucia Borgonzoni è stata candidata a sindaco di Bologna nel 2016, eletta in Senato nel 2018, sottosegretario alla Cultura nel primo governo Conte e candidata a presidente dell'Emilia Romagna nel 2020. Ricordo alcune sue frasi famose: «Non leggo un libro da tre anni» e «L'Emilia Romagna confina con il Trentino e con l'Umbria».

Un personaggio folkloristico ma capace di incutere anche sgomento, dato che per paura di essere governati da Lucia Borgonzoni - i sondaggi davano la cosa possibile - si mobilitò l'unico movimento politico sorto nell'Italia sovranista, le Sardine, che con la loro mobilitazione riuscirono a ribaltare un temuto risultato elettorale. Poi tutto precipitò a causa del virus, e centomila morti dopo, Salvini, che sembrava spacciato, eccolo imporre ancora una volta Lucia Borgonzoni.

A tutti gli sconsolati vorrei ricordare un piccolo avvenimento di appena due anni fa, dove Lucia Borgonzoni ebbe un ruolo non da poco. Si trattò di un provvedimento tipico dei tempi del fascismo, e cioè la sospensione dall'insegnamento e dallo stipendio di una professoressa di Palermo rea di aver condotto i propri studenti a paragonare Salvini (allora ministro dell'Interno) a Hitler.

Ma veniamo ai fatti. Dal 2000 si commemora in Italia, per legge, la Giornata della Memoria il 27 gennaio, giorno della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. All'Istituto Tecnico Industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, la suddetta professoressa di Italiano, in occasione di questa giornata, produsse per gli studenti delle slides in cui venivano messe a confronto le leggi razziali del 1938 e le leggi speciali di Salvini. Un bel lavoro, colto, documentato e presentato nell'aula magna, che non sfuggì all'occhio di un attivista di estrema destra, che scrisse su facebook: «una professoressa di Italiano ha obbligato i suoi studenti a dire che Salvini è come Hitler perché stermina i migranti».

Sappiamo che i messaggi sui social viaggiano alla velocità della luce e la nostra Borgonzoni (all'epoca sottosegretario alla Cultura) lo pubblicò sulla sua pagina facebook, con un commento in cui si augurava l'interdizione a vita della professoressa e assicurava di avere già avvisato "chi di dovere". E Lucia doveva essere ben ammanicata, perché la sua segnalazione arrivò subito al ministro della Pubblica Istruzione, un leghista che fece vedere che lo Stato si sa muovere con sveltezza: lettera al provveditorato, ispezione, interrogazione dei professori e degli studenti, sentenza: la professoressa venne sospesa dall'insegnamento e dallo stipendio per tre mesi. Un episodio di ordinario fascismo italiano anni Trenta.

Ma la cosa diventò di pubblico dominio, con conseguenti scioperi di studenti e articoli di giornale. E così le sanzioni vennero (più o meno) ritirate. Gli studenti e la professoressa furono ricevuti in Senato dalla senatrice Liliana Segre, che lodò il lavoro, e salutandoli disse: «La vostra scuola si chiama Vittorio Emanuele III, il Re che firmò le leggi razziali di Mussolini. Bisognerebbe cambiargli nome». Ecco un provvedimento che Lucia Borgonzoni potrebbe attivare subito. Ha il potere di farlo, dato che oggi è lei "chi di dovere".