E non finisce qui

06.02.2023

E se Alfredo Cospito avesse già vinto? È anarchico e anarchia significa assenza di governo e arché in greco antico è il principio originario che governa ciò che in sua assenza scivola nel caos, e infatti alla Camera tutto è precipitato nel caos. Il deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli ha detto cose che se son vere sono gravi, se son false sono ancora più gravi. Andavano governate secondo un principio di tutela delle istituzioni e non usate per una polemica politica che, appunto, genera disordine morale e confusione intellettuale. E infatti si è subito caduti in una sorta di caos organizzato con accuse, controaccuse, repliche, controrepliche, verifiche, accertamenti, richieste di chiarimenti e convocazione del Giurì d'onore. Come diceva Corrado alla "Corrida": «e non finisce qui».

Se non venisse da piangere ci sarebbe da ridere, non solo perché il "caso Cospito" poteva essere curato con senso delle istituzioni ma anche perché inevitabilmente la questione ora investe direttamente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che deve correre ai ripari e mettere una pezza al buco fatto dai suoi stessi dirigenti di partito (che con il corpo sono al governo e con la mente sono rimasti all'opposizione). Una situazione anarchica in cui la figura di Alfredo Cospito assume le fattezze di un ghigno maligno.

L'assenza di governo va però ben al di là del "caso Cospito" e investe tutta la scena italiana dal governo all'opposizione. La vicenda dell'autonomia differenziata ha tutta l'aria di essere una rivalsa della Lega che, alla ricerca del consenso perduto, passa con disinvoltura da una linea nazionale al limite del nazionalismo a una filosofia delle autonomie al limite del municipalismo. Il tutto in contrasto con il patriottismo della presidente del Consiglio che ancora una volta dovrà metterci una pezza per governare fughe in avanti e indietro di riforme tendenti all'anarchia istituzionale che genera, come è accaduto nel recentissimo passato, un alto conflitto tra Stato e Regioni.

Può darsi che con il passare del tempo Giorgia Meloni si trasformi sempre più in una sorta di Penelope alle prese con una tela che tesse di giorno e disfa di notte, senza nemmeno la dolce speranza di attendere il ritorno del suo amato Ulisse. Ma - è proprio il caso di dire - se Atene piange, Sparta non ride. Il maggior partito d'opposizione (o almeno quello che era tale fino a qualche settimana fa, il Pd) si è letteralmente disintegrato. L'anarchia regna sovrana. I quattro candidati alla segreteria non sono i "Fantastici 4" ma sembrano più un'anarchica banda di cani sciolti alla ricerca disperata di una cosa che ognun dice ma nessun sa: la misteriosa identità. Ma se provate a chieder loro anche una pallida idea di questo stralunato Paese vi risponderanno con la filastrocca del libro dei sogni che è molto simile ai versi del Metastasio: «È la fede degli amati come l'araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa».

A pensarci bene, sembra essere proprio questa l'arte del governo praticata nel Bel Paese. Largo al factotum, direbbe Gioacchino Rossini: tutti mi chiedono, tutti mi vogliono, ah che bel vivere, che bel piacere.