Falsa partenza

15.10.2022

Sono partiti male. Ma il problema non sono i dissidi, che in politica possono anche starci, il problema è la sostanza. E il guaio più grosso è che a pagarla non sarà lo sconfitto né a guadagnarci il vincitore: a pagarla - e anche cara - sarà il Paese. Perché nella brutta partenza c'è la debolezza della maggioranza, del governo che va a formarsi e di chi lo guiderà.

Che le coalizioni fossero dei falsi - a destra e a sinistra - l'ho sostenuto ben prima del voto. Non ho cambiato idea. Ci sono problemi politici nella maggioranza, impossibile non vederli, e ben più grossi di questo o quel posto da assegnare. Molti italiani dicono: abbiamo votato, c'è una vincitrice, basta chiacchiere e che governi. Comprensibile ma sbagliato: Giorgia Meloni non è vincitrice ma trionfatrice, peccato che la maggioranza esiste solo se anche le altre due componenti ne fanno parte (o pensano di andare avanti negoziando come per l'elezione del presidente del Senato? In questo caso sono fritti in partenza).

Il mancato voto di Forza Italia non è una questione personale, anche perché Ignazio La Russa è stato ministro nei governi Berlusconi; il fatto è che Forza Italia si è presentata agli elettori come garante dell'europeismo e dell'atlantismo della coalizione, salvo poi votare per la presidenza di Lorenzo Fontana, contrario alle sanzioni alla Russia. Il che nuoce molto alla Meloni, perché la garanzia offerta da Forza Italia andava oltre alle sue stesse parole, salvo essersi ritrovati assieme nell'avallare l'opposto. Che uno sia cattolico o meno, ultra o meno, è irrilevante. Che sia filo Putin è dirimente. Fontana ha detto che da quelle sue posizioni è passato del tempo ed è difficile immaginare affermazione più autodenigratoria. Ma è difficile anche non cogliere quanto sia stata minata la credibilità del futuro presidente del Consiglio, che sarà tale solo se avrà il consenso di chi non ha votato La Russa e di chi sta con Putin. E questo succede proprio nel giorno del varo, senza neanche aver cominciato la navigazione.

Certo che il ritorno al Senato, per Silvio Berlusconi, ha coinciso con una sberla, ma il danno maggiore lo incassa la Meloni. Un governo senza l'aggancio al Partito Popolare Europeo sarebbe un rischio enorme. Non solo per lei. E né Berlusconi né Meloni possono pensare che tutto ruoti attorno alla collocazione di una persona.

Nel 2023 si prevede una crescita minima dell'Italia (circa lo 0,3%), ma se cessassero le forniture di gas la recessione arriverebbe a -1,5%. Mentre Draghi era a Parigi per cercare alleati sul gas contrastando Putin, la politica ha eletto un putinofilo e messo un dito nell'occhio agli alleati.

Ripartire è un verbo che potrebbe essere declinato solo se si interpreterà nel suo vero significato, cioè ripartenza e non ripartizione. Ora tocca a Meloni tirar fuori la sua rissosa coalizione dal buco in cui s'è ficcata già il primo giorno. Se la partita verrà giocata bene, potrà essere superato questo infelice debutto, ma se mancherà di respiro e non saprà costruire consenso fuori dalla propria tifoseria, allora - tolti gli scarti - nel mazzo resta poco.