Fascismo da bancarella

13.05.2019

Fra una notizia e l'altra di pestaggi fascisti e di vilipendio a monumenti e lapidi ebraiche e partigiane a opera di gentaglia ignota ma che si presume neo-nazista, non mi abbandona un'immagine inquietante che mi si è fissata nella memoria un paio di settimane fa, mentre visitavo un mercatino dell'antiquariato. Per rilassarmi avevo deciso di andare su e giù fra le stradine di una città disseminata di bancarelle in arrivo da tutta Italia. Nella marea di mobili falsi, di rottami e di robaccia, mi aveva colpito la quantità di opuscoli, testi, manifesti e gagliardetti di epoca fascista. Quelli sì che erano veri, e fieramente esposti ovunque. Frequento bancarelle di libri usati da decenni, ma non mi è mai capitato di vederne così tanti in bella mostra come in questo periodo.

In quel mercatino erano talmente numerosi che, a volerli contare tutti, si sarebbe configurata una mostra apologetica spontanea del fascismo. Dunque mi sono fermato davanti al venditore in apparenza più "ganzo", cioè più spavaldo, e impostando un certo tono di voce (se mi impegno, sono un attore teatrale niente male), ho cercato di cavargli qualche informazione. Come prevedevo, la scelta di rispolverare tutti quei testi di aeronautica, architettura, editoria scolastica del Ventennio, comprati negli anni e sempre tenuti in magazzino, rispondeva a una domanda precisa del mercato e - mi è parso di capire, ma sul punto il tizio non si è sbilanciato ed è facile capire perché - lo faceva con una certa serenità grazie a un clima politico più favorevole rispetto a un tempo.

Recuperato il mio tono normale di voce, mi sono rivolto alla sua vicina per fingere di voler comprare un oggetto e ho cominciato a pensare che, se la faccenda era scesa al livello di un mercato di robivecchi, le cose si stavano mettendo male. Sostenere il fascismo dunque non era, anzi non è, un tabù e nemmeno una vergogna. Nessuno sembra ricordarsi neanche che promuoverlo sia un reato. Credete che dei libri non possano costituire un illecito? La legge Scelba del 1952 è molto chiara: sanziona chiunque «promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».

Vendere libri di epoca fascista, e non intendo libri storici o di analisi sul fascismo, mi sembra una fattispecie che miri alla sua esaltazione. Di certo esporre tutti quei quaderni con il balilla in copertina quarant'anni fa sarebbe stato un grosso rischio; adesso, con un ministro dell'Interno che si fa riprendere con una mitraglietta in mano e che sottolinea come «il fascismo abbia fatto anche cose buone», chiunque può schierare l'opera omnia sulle gesta di Italo Balbo, i testi teatrali col "visto" del Minculpop e quante copie del Dizionario di Cesare Meano gli capiti di trovare, ancorché quanto vi sia scritto sia talmente ridicolo da poter essere usato per dileggio (a capirlo, naturalmente).

A questo proposito, cioè la filastrocca sulle presunte gesta positive dell'epoca mussoliniana che i nostalgici o gli ignoranti si ripetono compiaciuti, è uscito un saggio di cui molto si parla in questi giorni, che mi pare un buon antidoto a questa marea di carta stampata pessima e per di più conservata bene, visto che si presenta di nuovo in vendita non ingiallita o maleodorante come tanti altri testi di anni addirittura successivi. Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo, edito da Bollati Boringhieri, scritto da Francesco Filippi, si legge in un'ora, e in quel lasso di tempo ci si chiariscono molti punti che, benché vengano ribaditi con dati ed evidenze incontrovertibili dagli storici, evidentemente non hanno fatto presa (forse un'ora di storia alla settimana non basta agli insegnanti per arrivare alla Seconda guerra mondiale).

Filippi ci arriva, anzi ci torna, mettendo in fila in modo semplice fatti suffragati da dati e documenti. Non è vero che, a parte l'entrata in guerra e l'orrore delle leggi razziali, Mussolini abbia fatto cose buone. Rovistando si trova sempre robaccia, come fra la maggior parte dei bancarellari. Per esempio la storiella dell'Inps che, dice Matteo Salvini, «non l'hanno portato in Italia i marziani». Di certo non l'ha fatto Mussolini. Come analizza Filippi nel libro, il primo sistema di garanzie pensionistiche, destinato ai soli impiegati del pubblico e ai militari, è datato 1895 ed è opera del governo Crispi. Tre anni dopo, l'esecutivo Pelloux estese le coperture a una serie di categorie lavorative e fondò l'istituto antesignano dell'Inps. Nel 1919 il governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando impose il sistema a tutte le aziende: in quel momento nacque il diritto alla pensione per tutti i lavoratori. Tre anni prima della marcia su Roma.

Che cosa fece invece il fascismo? Appena raggiuto il potere abolì il ministero del Lavoro e concentrò tutte le funzioni legate al welfare sotto la Cassa Nazionale (appesantendone e rallentandone l'efficienza). E poi la riforma, definita «imponente», nel 1933: le diede un nuovo acronimo, Inpfs (il significato della F vi sarà chiaro). Aboliti il diritto di scioperare e tutti i sindacati a eccezione di quello fascista, l'Inpfs diventò presto una macchina da stipendi e uno sfogatoio per le clientele.

La propaganda più incredibile è invece quella che riguarda la bonifica dell'Agro Pontino, iniziata prima del 1922, migliorata solo in parte negli anni del fascismo, nonostante i fiumi di denaro spesi e di cui Filippi dà conto, terminata nel dopoguerra grazie ai fondi del Piano Marshall e della Cassa del Mezzogiorno.

Potrei andare avanti con tutti gli altri casi, quello dell'edilizia popolare, per esempio, ma vorrei che vi recaste in libreria (in Italia ce ne sono sempre di meno, purtroppo) e sfogliaste almeno il libro, che grazie al buon successo si trova vicino alle casse. Una cosa è certa: il risultato del regime fu un generale impoverimento della popolazione italiana, un aumento vertiginoso delle ingiustizie, la provincializzazione del Paese e infine, come si sa, una guerra disastrosa. Abbiamo dimenticato tutto questo, non l'abbiamo mai letto perché ci sembrava difficile oppure non ci è stato spiegato a scuola. Però quando il mondo si piega al "sentito dire", alla Seconda guerra mondiale bisogna arrivarci per forza.