Ferie d'agosto

05.10.2022

Ricordo una scena del film Ferie d'Agosto, regia di Paolo Virzì, con un Ennio Fantastichini espressione del genere romano, che parlando della vittoria di Berlusconi si rivolge al giornalista de l'Unità (Silvio Orlando) dicendo: «Dite la verità, nun ce state a capì un cazzo, vero?».

È una scena che mi torna in mente osservando la schizofrenia che sta sconcertando analisti politici, osservatori, commentatori e una schiera di tuttologi in servizio permanente effettivo, tra il consenso che da presidente del Consiglio uscente mantiene Mario Draghi - e che addirittura è cresciuto dopo le dimissioni - e l'afflato con il quale l'elettorato si è rivolto a Giorgia Meloni nelle elezioni di dieci giorni fa, garantendole un successo clamoroso.

Ma come, Draghi cresce in popolarità e poi la gente vota il partito che gli ha fatto sempre opposizione? Ma che Italia è mai questa, così inafferrabile e contraddittoria? In realtà, se ci sforziamo di comprendere i fenomeni politico-sociali senza i paraocchi della faziosità (che fatica, vero?), l'aporia è solo apparente. Di fatto gli elettori hanno sostenuto e sostengono l'azione di governo di Mario Draghi riconoscendone la validità, l'autorevolezza e il prestigio sia interno che internazionale.

Agli occhi di una parte fortemente maggioritaria degli italiani, l'ex presidente della Bce era e resta il Migliore, senza che qualcuno abbia a risentirsene. Hanno - ecco il punto - espresso disappunto per i giochini propagandistici e gli sgambetti ostili che la sua maggioranza così eterogenea ha disseminato nel corso della sua permanenza a Palazzo Chigi. Ecco perché hanno votato per premiare chi ha evitato quelle furbizie mantenendo coerenza e rispetto. La riprova sta nel fatto che, chiuse le urne, Draghi e Meloni hanno intessuto un rapporto fruttuoso al fine di garantire un ordinato passaggio di consegne e una continuità d'azione per lo meno sui dossier più importanti, cioè l'approvvigionamento del gas e il posizionamento geopolitico dell'Italia.

Con buona pace dei tanti scettici, l'agenda Draghi non solo esiste e continua a essere una bussola, ma soprattutto viene riconosciuta, almeno nelle sue linee essenziali, proprio da chi l'aveva osteggiata. Gli italiani si dimostrano più saggi dei loro rappresentanti politici e questa è una lezione che andrebbe continuamente ripassata, in particolare dall'esercito dei radical chic che non se ne capacita. Magari accompagnando il ripasso con la visione del gustoso e lungimirante film di Virzì.