Il deserto dei tartari

03.08.2022

C'è la tragedia. C'è il dolore indicibile. E' qualcosa che non si può immaginare senza restare con le parole spezzate. Due vite che se ne vanno all'alba di un fine settimana d'estate, dopo ore di divertimento, gioia e spensieratezza nella città che è sinonimo di allegria. Due vite che se ne vanno per motivi che non hanno più alcuna importanza. Le cause vanno naturalmente accertate, si deve capire, ma sostanzialmente già sappiamo e soffriamo a distanza e in silenzio.

Quello che una società matura e consapevole dovrebbe fare, piuttosto, è non fingere di non vedere tutto quello che c'è intorno alle due vite cancellate in modo assurdo alla stazione di Riccione. Non le due ragazze, non parlo di loro, mi riferisco a quella ricerca ossessiva del nulla per il nulla, con cui i nostri ragazzi - una parte, naturalmente - sembrano dover fare i conti ogni giorno. Certo, non sono tutti così, sono certamente fantastici quelli che si dedicano con passione agli altri, come sono meravigliosi quelli che cercano divertimento e leggerezza in una fase unica della vita. Non dobbiamo certo essere ostili al divertimento, alla gioia, alla goliardia, se nei limiti del rispetto degli altri, ma al contempo fare gli struzzi davanti a vite felici (apparentemente) solo di bruciarsi è da irresponsabili. Ripeto, non sto parlando della tragedia di Riccione e il mio ragionamento va oltre un dolore inimmaginabile, però i segnali di uno scollamento fra la realtà e i nostri ragazzi vanno colti.

Questa non è ribellione, benedetta oltre che fisiologica, quella che ha segnato ere, rivoluzioni culturali e sociali e a cui dobbiamo tanto. È più un cupio dissolvi, una ricerca di nichilismo insoddisfatto senza sapere neppure esattamente perché: l'abuso di alcol, di droghe, dello sballo per lo sballo, dell'eccesso per l'eccesso, e un confuso rifiuto della società "dei grandi". Non è ovviamente la prima volta che accade e fu il germoglio della contestazione degli anni Sessanta, della rivoluzione sessuale e dei costumi che ne seguì. Oggi però non c'è nulla di quello che fu, non ci sono fiori da mettere nei cannoni, non c'è un interesse sia pur disordinato per i grandi fatti della terra, ci sono solo momenti da bruciare, pezzi di vita da distruggere. A volte ripenso alla musica che accompagnò la mia stagione e quella che proverebbe a raccontare fra quarant'anni un ragazzo di oggi. Non si tratta di essere nostalgici o pensare che il meglio sia irrimediabilmente alle spalle (i miei lettori sanno che ho sempre sostenuto l'esatto contrario), si tratta solo di essere oggettivi. È il nulla che suona e canta il nulla.

E i genitori dove sono? - resta la domanda di base - perché non è stato mai facile questo ruolo e oggi può esserlo ancora di meno, davanti a figli improvvisamente divenuti incomprensibili e impenetrabili. Eppure non ci si può dimettere da genitore, si deve restare al proprio posto con senso del dovere, a costo di aspettare il nemico che non arriverà mai come ne Il deserto dei Tartari