Il senso della storia

02.05.2023

Non possono esserci dubbi sul fatto che Silvio Berlusconi avrà un posto di rilievo nella storia d'Italia. Vive un momento difficile e gli auguro il meglio, che per lui è quello di non smettere di combattere. Superata, con il tempo, una divisione incentrata sulla sua persona, c'è da scommettere che anche gli storici si divideranno sul significato da dare alla sua vicenda umana, imprenditoriale e politica. Che non sono tre, ma una sola.

La determinazione e l'efficacia dell'imprenditore non hanno bisogno d'essere argomentate. I risultati sono evidenti. Ma due abbagli hanno accompagnato il giudizio sulle sue avventure. Dal debutto edilizio al trionfo televisivo è stato visto come destrutturatore e innovatore, in realtà era un restauratore di abitudini e costumi. Gli italiani si erano già laicizzati e urbanizzati. Lui non inventò quel processo, lo seppe solo interpretare come nessun altro. A chi viveva in città riproponeva la comunità, il villaggio, il verde, gli spazi per i bambini. A chi guardava la televisione riproponeva l'intrattenimento per famiglie, con un occhio al bar dello sport e l'altro all'avanspettacolo. Lui si descriveva come l'interprete del nuovo che avanza, secondo me era il conservatore dell'eterno che si conserva.

E' vero che seppe aggregare la politica disposta a sostenerlo, ma vinse perché era sull'onda dell'inevitabile, di quello che poi accadde ovunque e che negli Stati Uniti era già accaduto. Chi lo accusò di cambiare i costumi degli italiani, debosciandoli, non capì la sua forza: un uomo con il marketing incorporato, un conservatore e modernizzatore allo stesso tempo. Non capirono neanche lo sbarco in politica e quello che sarebbe successo. Quando annunciò la "discesa in campo" la sinistra festeggiò. Me lo ricordo bene. Qualcuno disse che si sarebbe potuto obiettare sulla legittimità della sua candidatura a causa delle proprietà televisive, ma più importante fu la risposta di quella sinistra: zitti, che un candidato così ci aiuta a rendere legittima la prossima e sicura vittoria. Persero.

La sua "invenzione" era l'innovazione di una conservazione: tutti assieme, non importa chi, pur di battere la sinistra. E stravinse anche dopo le elezioni, quando la sinistra si berlusconizzò: tutti assieme pur di fermarlo. Nacque così una stagione i cui sussulti sono ancora in corso: non più proporzionale ma un maggioritario ritagliato sui capi ma con la necessità dei partiti, non più ideologie ma incapacità di contenuti. Lui è stato lo spartiacque ma le acque si sono poi confuse.

Avrà il suo posto nella storia ma lui e gli altri non hanno dimostrato senso della storia, perché credere nella storia significa non solo "essere" ma anche puntare a indirizzare il futuro. Impossibile negare il merito politico di avere trasportato nel gioco democratico la destra che era stata fascista, ma non ha fatto mai nulla per aiutarla a non essere più fascista, anzi, vide come rivale quel processo di affrancamento all'epoca di Gianfranco Fini.

Ed è così che l'innovatore-conservatore si ritrova in una scena senza che si sia stati capaci di innovare e senza che valga la pena conservare. Non lo capirono perché lui è popolare e popolano, mentre gli apologeti del proletariato sono decenni che non hanno più nulla da dire ai popolani. E quindi non c'è alcun dubbio, avrà il suo posto nella storia, resta solo da stabilire quale sia la storia.