La debolezza del declino

22.03.2022

C'è sempre uno spartiacque nelle carriere dei dittatori. Una sorta di 25 luglio che separa gli anni del consenso, con i dissidenti incarcerati, ridotti al silenzio, confinati o uccisi, dalla fase del declino. Per Benito Mussolini fu l'ingresso nella Seconda guerra mondiale a segnare l'inizio della fine, che avrebbe portato il Paese ormai in agonia anche a due anni di guerra civile, dal 1943 al 1945.

L'isolamento internazionale era iniziato ancor prima con l'invasione e la guerra di Etiopia, che avrebbe dovuto concretizzare il sogno fuori tempo massimo di un impero del Belpaese. Quella guerra africana allontanò l'Italia dalle democrazie europee, in particolare da Francia e Inghilterra, facendola finire in braccio alla Germania nazista di Adolf Hitler.

Un secolo dopo la marcia su Roma si consuma a Mosca un'altra parabola politica, quella di Vladimir Putin. Cosa hanno in comune le traiettorie di fascismo e putinismo rispetto alla Storia? Il potere di Mussolini in Italia durò un ventennio, quello di Putin in Russia dura dal 1999, da ventidue anni. L'invasione dell'Ucraina per Putin potrebbe segnare la crisi del suo consenso anche in patria, così come la Seconda guerra mondiale segnò il declino del duce. Questa aggressione, infatti, consuma due fatti politici contemporaneamente: l'orrore della guerra, con l'esercito di Mosca alle prese con una inaspettata resistenza militare e popolare, e l'isolamento internazionale della Russia, al punto da farla finire nelle braccia della Cina comunista, spostando a Oriente il suo baricentro e la sua dipendenza economica.

In queste prime settimane di conflitto si cominciano a vedere in Russia le proteste dei cittadini contrari alla guerra di Putin. Come in ogni regime, la censura del dissenso regna sovrana: perfino le parole "guerra" e "invasione" sono state bandite dal vocabolario russo. Al loro posto il potere ha imposto di usare la locuzione "operazioni militari".

La censura è sempre stata un ingrediente base dei regimi autoritari. Il fascismo, attraverso le veline inviate ai giornali e alle disposizioni del Minculpop (Ministero per la Cultura popolare), indirizzava il racconto degli avvenimenti in Italia e il modo in cui questi dovevano essere descritti. Le veline fasciste diffuse ai media durante la Seconda guerra mondiale colpiscono per la loro comicità nonostante la tragedia che si andava consumando. Ve ne riporto alcune tratte dalla mia tesi di laurea in Sociologia (La comunicazione nel ventennio fascista): «Non pubblicare fotografie di militari in ginocchio durante la messa»; «Si ricorda la tassativa disposizione di NON dare in alcun modo notizie di allarmi aerei»; «Si ricorda ancora una volta che è tassativamente vietato pubblicare annunci mortuari a pagamento relativi ai caduti di guerra». Perché la conta dei propri morti e i pianti delle madri fanno male pure ai dittatori, anche se poi il controllo dell'informazione viene sempre sottratto alla sua oscenità dalla forza della realtà.

Per questo le leggi dure imposte da Putin, come quella che prevede fino a 15 anni di galera per chi contesta le notizie ufficiali imposte dal regime, sono un segno di debolezza e non di forza. La debolezza del declino.