La grande malata d'Europa

01.01.2021

Il 2020 è stato un anno orribile. Più di 70mila nostri connazionali sono morti senza conforto, senza pietà. La condizione del Paese si è indebolita e il nostro debito ora ammonta al 160 per cento del Pil, quindi la nostra sovranità è, rispetto a prima, ancora più condizionata. Dovremmo perciò essere umili e determinati come lo fu De Gasperi di fronte all'assemblea delle Nazioni Unite dopo la resa incondizionata. Invece appariamo astratti e velleitari. La crisi ha creato nuove povertà e nuove iniquità, le fratture interne si sono acuite: quella tra nord e sud, quella generazionale, quella tra il pubblico e il privato, quella tra i garantiti e i non garantiti. Le istituzioni hanno retto a stento e il loro stato di salute è ulteriormente peggiorato. I Dpcm utilizzati per gestire la crisi hanno stravolto e a volte annientato il ruolo del Parlamento. Il rapporto tra Stato e Regioni è andato avanti per approssimazioni dettate dalle necessità contingenti. Le relazioni tra politici e tecnici troppo spesso hanno contraddetto il primato della sovranità popolare.

E' possibile imputare tutto questo al governo in carica? Non credo sia giusto, dato che la squadra che ci governa era stata costruita per partecipare a un campionato di Promozione e improvvisamente si è trovata - a sua insaputa, avrebbe detto qualcuno - a giocare un campionato di Serie A. All'irrompere dell'emergenza sarebbe stato necessario sostituire tempestivamente squadra e moduli di gioco, ma nessuno l'ha voluto, tantomeno i giocatori e l'allenatore. Ci troviamo così alle porte del nuovo anno, quello che dovrebbe sancire la ripresa, sguarniti e quasi disarmati. Si parla di "terza ondata" ma non mi sembra che la seconda si sia conclusa e, di questo passo, ci incamminiamo verso il terribile traguardo delle 100mila vittime. C'è da organizzare un piano di vaccinazione di massa da far tremare le vene ai polsi e, per fare questo, ci si è affidati allo stesso vertice chiamato a gestire le mascherine, i banchi a rotelle, i monopattini e le ciminiere dell'Ilva. Sul fronte economico ci troveremo di fronte alle stesse devastazioni del dopoguerra senza il vitalismo che ha caratterizzato quel periodo di ricostruzione. Abbiamo accumulato un tale ritardo nella programmazione di impiego dei soldi che dovrebbero arrivarci dall'Europa da far temere che quei soldi, sempre che arrivino, saranno spesi male e comunque non determineranno lo choc positivo del quale il nostro Paese avrebbe necessità.

L'Italia è uno dei Paesi fondatori dell'Europa, ma per la prima volta dovrà ricevere più soldi di quelli che deve versare, gran parte in prestito e una quota a fondo perduto. Viene dunque riconosciuta come "la grande malata d'Europa". Non c'è nulla di cui andar fieri. Ma il danno diverrebbe addirittura insopportabile se quei maledetti soldi, dei quali abbiamo maledettamente bisogno, invece che far ripartire l'economia reale producessero divari ancora maggiori per incapacità della classe politica. Ma in queste condizioni e nonostante queste condizioni, è veramente difficile pensare a un cambio di governo in tempi immediati, perché un conto è minacciare la crisi e un conto è farla davvero. Chi si assumerà questa responsabilità dovrebbe mettere in conto di vedersi imputati i morti, la comprensibile incredulità dell'Europa e le remore nell'erogare soldi per ora stanziati solo sulla carta, i conseguenti ritardi nel piano di vaccinazione di massa e, dunque, l'allontanarsi dell'approdo in un porto sicuro. Per reggere tutto questo non basta la dose di bullismo di qualche ex premier.

Pensare che la crisi possa sfociare in elezioni anticipate è molto difficile, anche considerando che il taglio dei parlamentari renderà più complessa per tutti la prospettiva della rielezione. Ma qualcosa deve succedere, questo stato di cose non può durare, quantomeno non può durare in questo modo. Se dovessi scommettere su quale sarà il momento in cui tutti gli elementi precipiteranno e l'orizzonte inizierà a schiarirsi, azzarderei la fine del 2021, all'inizio del semestre bianco, cioè quando, al riparo da possibili elezioni (che alcuni temono come la peste) e alla luce dei risultati di importanti elezioni amministrative, si potranno determinare, allo stesso tempo, governo, presidente della Repubblica e legge elettorale. Solo allora si potranno gettare le fondamenta della prossima legislatura.