La speranza è l'ultima a morire

06.11.2020

Tricolori appesi ai balconi, ragazzi che suonavano la chitarra sui terrazzi, persone più o meno famose che invitavano a ritrovare il proprio tempo, i diffusi "andrà tutto bene", "niente sarà più come prima", "saremo migliori" e slogan discorrendo, una sorta di unione-fa-la-forza che aveva permeato l'intero Paese: tutti solidali, tutti uniti in un afflato socializzante (negazionisti a parte, ma qui siamo dalle parti dei casi psichiatrici). Quel cuore che batteva all'unisono per l'Italia dov'è finito? A luglio eravamo tutti, anche se un po' incoscientemente, ottimisti, ora invece torniamo a stare a casa il più possibile nella speranza di scongiurare un nuovo lockdown.

Mesi passati a fantasticare, pontificare, sulle conseguenze del post-Covid, anche quando questo post-Covid si fa attendere e ci dilania, ci intontisce, ci fa perdere lucidità. Allora ci stringiamo, anche se non fisicamente, o ci allontaniamo ben oltre le distanze del protocollo sanitario. Ma chi è il vero nemico, il possibile portatore del virus o il possibile portatore di un pensiero diverso dal mio? Perché è la realtà personale a prevalere sempre e comunque: se ho di che vivere le restrizioni le posso accettare, se invece le restrizioni mi tolgono di che vivere non le accetterò. Le nostre emozioni circolano come il virus, solo che sono più veloci e non c'è mascherina che possa contenerle, non hanno orari e non sono letali se non siamo noi a tramutarle in azioni che possono arrecare danno. Nessuno può imporre alla nostra mente di non pensare e al nostro cuore di non sentire.

Osservo la gente in strada, il volto coperto dalle mascherine, gli slalom per non essere troppo vicini o al contrario la noncuranza per le distanze; osservo la paura di alcuni, la tracotanza di altri, la stanchezza di tutti dopo mesi in questo film di fantascienza che stiamo vivendo, e sinceramente non mi piace affatto la velocità con la quale ci si adegua o la violenza con la quale ci si ribella. Ma la nuova normalità non è altro che la prosecuzione della vecchia, con un sistema sanitario indebolito, contrapposizioni politiche e sociali, massimizzazione del rapporto con il proprio smartphone, pc o tablet a scapito della persona umana.

Nulla è nuovo, se non l'intensità con la quale ci direzioniamo o forse siamo direzionati verso un futuro in cui ci dicono da anni, con i fatti a scapito di ogni parola, che individualismo e precarietà sono gli obiettivi da raggiungere. Se la speranza è l'ultima a morire, speriamo non muoia di Covid.