Lettera agli europei

12.04.2020

Cari europei, ci sottovalutate sempre. Forse perché abbiamo quell'aria un po' scanzonata alla Rino Gaetano, di chi ha smesso di essere quello che è stato e non ne vuole più sapere di prendersi troppe responsabilità nei confronti del mondo. Come un marito che ha divorziato ed è andato ad abitare in una soffitta. Come un poeta maledetto che gira per le osterie, avendo già visto tutto quello che voleva vedere, avendo già fatto tutto quello che voleva fare. E ora si riposa. Un secolo di pausa dopo millenni di protagonismo indiscusso. Sarà pure lecito. Una specie di scocciatura derivante dall'aver donato troppo di se stessi. Inutile fare l'elenco degli italiani che hanno cambiato le sorti della storia: noi li conosciamo tutti. E se ve ne siete dimenticati, pazienza. Forse, nel tempo, ci siamo stufati di salvare il mondo con la bellezza. Parliamoci chiaro: noi abbiamo poco, i ritmi della contemporaneità possono andar bene per chi non ha conosciuto l'otium dei latini, il valore del tempo intellettuale, quello dello spettatore che assiste passivo. L'economicismo? Ma per favore! Una porta per chi ha fame, da noi, verrà sempre aperta. Siamo arretrati? Siamo parte di voi ma non siamo come voi. Giovanni Paolo II, oggi Santo, diceva che costituiamo un'eccezione, come se Dio avesse posato sulla nostra penisola un manto non negoziabile, una colonna che regge il tempio in cui può risiedere solo il nostro genio. È un dono dall'alto. È un impasto di opportunismo e spirito titanico. È Marco Pantani che scatta sul Galibier. È Fabio Cannavaro che spazza una palla sui piedi di Podolski. È Pio XII sotto le bombe tra la gente di San Lorenzo. È troppo per poter essere descritto, e nella maggior parte dei casi è buona parte di quello che a voi europei fanno studiare nelle scuole. Voi la chiamate cultura, scienza, arte, letteratura, per noi è un album di famiglia. Siamo noi Dante. Siamo noi Leonardo. Siamo noi Michelangelo. Siamo noi Galilei. Siamo noi Leopardi. Siamo noi Caravaggio. Siamo noi Cristoforo Colombo. Per noi non sono nomi, sono sentinelle che vegliano sull'unicità che rappresentiamo, per voi sono caratteri incisi sui libri di testo. Sono gli avi, i bisnonni, i nonni, i padri di quelli a cui non avete voluto vendere le mascherine chirurgiche. Tranquilli, ci arrangeremo. Questa espressione a voi non piace, ma noi l'abbiamo sperimentata tante volte da avere il voltastomaco. Ci arrangeremo, nonostante il pressapochismo di chi ci governa, nonostante da queste parti nessuno abbia mai nascosto di non essere più equiparabili a quelli di un tempo. Ma faremo del nostro meglio, pure contro questa bestia che sembra averci puntato da lontano. Faremo del nostro meglio e voi resterete lì, come vi accade spesso, a chiedervi com'è che gli italiani ce l'hanno fatta pure stavolta. Siamo un vaccino di bellezza iniettato nei lazzaretti dell'egoismo. Non vi preoccupate, pure questa volta vi forniremo la formula della medicina. Gratis. Giusto per ricordarvi chi siamo.