L'ipnotico incanto di una belva feroce

17.05.2022

L'immagine pubblica di Putin è decisamente controversa. C'è chi ama etichettarlo come un pazzo, semplificazione che gioca a favore di schieramenti politici e dell'odio cosmico che ormai si riversa sulla sua persona. E c'è chi lo descrive come uno scaltro calcolatore, ex spia sovietica, impenetrabile e manipolatorio, che ha saputo guadagnarsi il potere assoluto attraverso un'abile strategia di scalata politica. Da una parte Putin sarebbe imprevedibile, animato da un folle delirio di onnipotenza, dall'altro avrebbe già pianificato, come un eccellente scacchista, tutte le mosse di quello che è già un conflitto di portata mondiale.

Putin è la coazione a ripetere della Storia che, a partire dal XX secolo, al posto di visioni politiche ha prodotto una serie di personaggi che sembrano usciti dalla sceneggiatura di una fiction tv: il presidente nero amato dalla gente, il lobbysta con la moglie bellissima che diventa presidente, il papa vicino al popolo, l'estremista nascosto nel deserto. Mancava ormai da tempo la figura del cattivo.

A quest'uomo non si addice però il ruolo di antagonista, pronto a sferrare il suo attacco dopo anni di meticolosa preparazione. È necessario approfondire ciò che accomuna le diverse visioni dell'uomo Putin, l'attrazione magnetica che esercita la sua persona, la sensazione di essere di fronte a un enigma indecifrabile. Forse il minimo comune denominatore è proprio quel carisma in grado di provocare una serpeggiante inquietudine, che lo accompagna in ogni apparizione pubblica. La capacità di manifestarsi come distante anni luce da ciò che caratterizza tutti gli esseri umani, cioè il dubbio.

Colpiscono quegli occhi senza sguardo, quel viso squadrato e la compostezza rigida di spalle e braccia, che trasmettono determinazione e autocontrollo. Le sparute emozioni che a volte trapelano sembrano espressioni codificate in base alla circostanza. Esattamente come un bambino reagisce di fronte a un adulto, a un padre che non può essere spodestato, Putin spinge l'altro a dubitare di sé, delle proprie azioni, pena le conseguenze determinate da una verità che non ammette dubbi né tantomeno opposizioni.

Putin consente - in questo mondo dalle mille possibilità - di scotomizzare ogni alternativa e affidarsi a un unico, paternalistico grembo. Esercita lo stesso ipnotico incanto di una belva feroce che sonnecchia al sole fissandoti negli occhi: l'irresistibile voglia di avvicinarsi è pari solo alla consapevolezza che potrebbe improvvisamente attaccare, mossa dalla fame o dalla necessità di autoaffermazione. Lo chiamiamo istinto, arcaico e primordiale, attribuendogli una sorta di giustificazione naturale, un elemento che fa parte dell'ordine delle cose.

Putin ha saputo emergere attraverso l'ammaliante capacità di essere sempre uguale a sé stesso. Tutto ciò che ne deriva è il modo attraverso cui sostanzia, estrinseca e agisce la sua autodeterminazione senza porsi alcun dubbio, essendo ciò che è e fagocitando l'altro in una dimensione identitaria collettiva. Ma i bambini crescono e gli idoli, come i genitori, vanno incontro al crepuscolo.