L'ultima sirena

10.08.2022

L'Italia della villeggiatura era l'Italia che scoprì la bellezza di potersi godere il benessere senza le remore e i pudori del Paese dei nostri nonni. Si celebrava lo stacco totale con le attività e la vita di tutti giorni, sospesi per tre o quattro settimane in qualcosa di "altrove", fisicamente e non solo, perché le vacanze della mia generazione bambina erano sinonimo di mini traslochi, sempre uguali nei loro riti vagamente buffi. Quelle utilitarie stracariche di ogni cosa erano la fotografia di un Paese che si fermava all'unisono, all'ululare dell'ultima sirena dell'ultimo turno delle fabbriche prima delle vacanze d'agosto. Città deserte, negozi chiusi, poche persone - per lo più anziane - costrette ad aggirarsi in atmosfere spettrali. Eravamo noi e non tantissimo tempo fa.

L'Italia di oggi non sovraccarica più nessuna macchina e, se può, evita di partire in auto perché la benzina costa troppo. Il Paese delle vacanze del Terzo millennio (la villeggiatura è ormai un concetto vintage) ha imparato a surfare sulle mille opportunità di una società e di un mercato che si sono evoluti vorticosamente e, nella stragrande maggioranza dei casi, in modo decisamente conveniente. Più possibilità e varietà di fare qualsiasi cosa, di scegliere qualsiasi meta, viaggio, riposo e vacanza. Ci fermiamo meno tempo di un tempo ma molte più volte nell'arco di un anno, senza aspettare il suono di quella sirena che già pochi minuti dopo suonava come un angosciante count down sulla fine della "libertà".

Insomma, siamo cambiati in meglio, imparando a gestire fenomeni contingenti come il boom di costi, prezzi e tariffe di questo agosto 2022. Guerra e inflazione, ma non solo, anche tanta voglia di rifarsi degli anni della pandemia con una fretta eccessiva e a volte controproducente. Una realtà che ha consigliato tante famiglie a organizzarsi non per le partenze intelligenti (in realtà non sono mai esistite) ma per una ben più oculata gestione delle risorse a disposizione per le vacanze. Le città, così, non si desertificano più, vivono semplicemente seguendo ritmi diversi, più pacati, consegnandosi docilmente e con gioia all'invasione di turisti tornati da ogni angolo della Terra. Riempie il cuore vedere le folle sciamare nelle nostre città d'arte o al mare, in montagna, ai laghi e in campagna, in un'inarrivabile varietà di storia e bellezza. Nessuno può offrire tanto come noi e abbiamo il dovere di tornare ad essere i numeri uno al mondo, e per farlo (possiamo) dovremmo però dare una bella svegliata a quell'Italia che sembra essere rimasta ai tempi delle partenze delle Cinquecento schiacciate dalle valigie sugli ammortizzatori.

L'Italia dei servizi pubblici che se ne va bellamente in ferie e chiude gli sportelli fino al 22 agosto. Un'Italia tragicomica che pesa come un macigno nella competizione spietata che ci aspetta. Il Paese che si avvia al Ferragosto merita comunque fiducia, prima di tutto per come ha saputo arrivare alle vacanze chiudendo un semestre da record, fra i primi in Europa e al mondo per crescita economica. Non ci capitava da una vita e nessuno ne parla, magari infastidito dal dover smentire la retorica della decadenza e del fallimento, del tanto peggio tanto meglio.

L'Italia merita le migliori vacanze, anche per la stoica capacità di sopportazione mostrata nell'ultimo mese davanti a una politica da approfondita analisi psicologica. Partiamo con molti meno bagagli di un tempo ma dovremmo mettere in valigia la consapevolezza di essere molto meglio di come amiamo descriverci.