Ma come si fa?

26.04.2022

Dopo la morte della 35enne Samantha Migliore, madre di cinque figli già scampata due anni fa a un tentato omicidio quando l'ex marito le sparò in testa, mi sono chiesto: ma come si fa? E credo se lo siano chiesto in molti. Va bene che la fortuna è cieca, ma guai a sfidarla troppo, e lei lo ha fatto quando si è lasciata iniettare del silicone liquido da un transessuale contattato sul web: Pamela Andress, un nome che mi ricorda quello dell'attrice Pamela Anderson, sex symbol anni Novanta, che con le sue curve esplosive contribuì alla diffusione della chirurgia plastica.

Prima di allora i ritocchi estetici erano confinati nel mondo delle pornostar e delle signore benestanti che non riuscivano ad accettare il trascorrere del tempo. Poi negli anni a venire trasmissioni televisive, prezzi calmierati praticati da alcune società e tecniche sempre meno invasive, hanno permesso alla chirurgia estetica di attecchire su larga scala.

Ma come si fa, dicevo, nel 2022 ad essere tanto ingenui, disinformati e irresponsabili? Si fa. Perché Samantha non è la prima né sarà l'ultima a morire inseguendo un'ideale di bellezza attraverso modalità assurde. Se qualcuno arriva a credere che la propria camera da letto sia uguale ad una sala operatoria, forse una parte di colpa è anche di certi medici che raccontano la chirurgia estetica sui social con troppa leggerezza, facendola passare per quello che non è, ovvero una passeggiata.

Se diamo uno sguardo alle gallerie fotografiche dei siti di questi "professionisti", ci rendiamo conto che somigliano più a certe vetrine di Amsterdam, dove tette e culi gonfiati sfidano la gravità tra improbabili prima e dopo solo per accaparrarsi una cliente in più. Insomma, qualcosa di molto lontano dalla divulgazione scientifica, tanto che alcune foto sembrano persino ritoccate senza che nessuno dica nulla. E allora mi chiedo: dov'è l'Ordine dei medici? Ormai anche i chirurghi più bravi sentono il dovere di essere sui social - quando invece non ne avrebbero bisogno - "perché fa parte del gioco". E allora stiamo al gioco e assoldiamo un social manager che metta l'hashtag giusto sotto le foto, così scopriamo che le Pavia lips sono le labbra che vanno per la maggiore (non ho capito perché hanno scelto il nome della città che fu la capitale del Regno Longobardo. Mah!). Poi il secondo passo è ingaggiare una promoter, ossia una ragazza che in cambio di soldi o trattamenti gratuiti si incarichi di intercettare le potenziali clienti. E' un gioco da ragazzi, basta fingersi una cliente soddisfatta ed elargire consigli che sfociano in consulti; il problema è che a volte questi consulti vengono fatti da persone che non hanno i titoli per farli.

Ripeto, i trattamenti devono essere effettuati solo da personale medico, eppure qualcuno ci casca, vuoi per risparmiare oppure perché i profili social di chi opera in questo settore gli hanno raccontato verità distorte sulla chirurgia e sulla medicina estetica. Adesso con l'autopsia si saprà con esattezza cosa ha ucciso la povera Samantha, ma le responsabilità di quanto è accaduto non sono solo sue e del transessuale.