Riflessioni di fine anno

29.12.2019

E' passato Natale, quello del traffico, della gente, delle donne che si spintonano al bancone del supermercato: «C'ero prima io», «Eh no, signora mia bella, c'ero prima io», tutti a spendere, tutti a comprare, «E mi dia anche un etto di prosciutto... e quella roba lì cos'è? Ma sì, me ne dia un paio d'etti».

E' passato il Natale del cibo smisurato, delle panze enormi, rabbiose, «Passami il panettone... anzi, no, voglio il pandoro», «Ma qui manca lo zucchero a velo... ridammi il panettone, stronzo!». Il Natale è odio, alito cattivo, cirrosi epatica, violenza. Una violenza festosa, inghirlandata, genuina. Ed eccoci a capodanno.

Gli ultimi giorni dell'anno sono carichi di pensieri relativi a quanto vissuto soprattutto negli ultimi mesi, intrisi di nostalgia e ricordi che inevitabilmente emergono in concomitanza delle festività, rendendo velatamente amaro il loro gusto. E' che il nostro sito emozionale pare dotato di una sua propria eccentricità e non sempre vuole concordare con le feste comandate, anzi, capita anche che di festa non ne voglia neppure sentir parlare.

Come tante delle nostre cattive abitudini, anche la pretesa di essere felici in determinati giorni dell'anno deriva da ciò che socialmente è dato come stabilito, dalla scarsa libertà con la quale viviamo il tempo che sempre e comunque in prima istanza è nostro, prima ancora di essere tempo collettivo, tempo consacrato, tempo di tutti.

La soluzione esiste, ed è così banale che capita di meravigliarsi di averla vista sfuggire anche dopo l'ennesimo smantellamento degli addobbi. Accettiamo la nostra malinconia nei giorni di festa, accettiamo di detestare i regali, gli auguri e le telefonate una volta l'anno, o meglio, sentiamoci liberi di non averne voglia, senza per questo sentirsi necessariamente alieni. Perché quello che è importante non ha a che fare con niente di quanto è esterno a noi.

Il cuore di ognuno batte a frequenze diverse, cerca sintonie che spesso non trova e in questo modo nasce dentro il rimpianto di un tempo non condiviso perché non condivisibile. Cerchiamo, dunque, per l'anno che sta per cominciare, di porre nuove basi al nostro sentire, semplicemente lasciando emergere in noi l'amorevolezza, la compassione e tutto il più alto coro di meravigliose qualità che può contraddistinguere il genere umano. In teoria sembra tutto molto difficile, ma ci possiamo provare. Intanto cominciamo con un sorriso. E felice anno nuovo.