Ne usciremo migliori?

19.11.2020

Non riesco a pensare come la paura, la sofferenza, il dolore, l'incertezza, possano renderci migliori. Forse qualcuno avrà avuto modo di riflettere sull'importanza della propria libertà che aveva dato per scontata, avrà riconsiderato la propria scala di valori rendendosi conto di quanta parte della loro giornata era dedicata a cose futili. Avrà riflettuto sull'importanza dell'arte in genere e avrà scoperto il significato dell'empatia cercando di mettere le proprie risorse a disposizione di chi aveva bisogno. Ma quanti hanno avuto la capacità di trasformare un evento catastrofico in un momento di crescita?

Tali risvolti, individuali o collettivi, apparivano evidenti nei primi mesi della pandemia, quando lo slogan "Ne usciremo migliori" appariva come un grido di speranza, senza distinzioni geografiche o di ceto, rinvigorito dalla musica che si propagava dalle finestre aperte. Durante la prima ondata ci potevamo considerare un'unica comunità contro quel virus che improvvisamente ci inghiottiva in una palude nebbiosa, mettendo in crisi i nostri punti di riferimento.

Ne usciremo migliori? Sono trascorsi pochi mesi e non vedo più nemmeno una labile traccia dello spirito che ha fatto sentire gli italiani un popolo unito. Prima i negazionisti contro i virologi, poi i lavoratori autonomi contro i dipendenti, tutti contro il Governo e infine tutti contro tutti. Non si respira più quel soffio di condivisione e di collaborazione alla ricerca di una comune via da percorrere. Rimangono soltanto rabbia e odio, spesso alimentati da demagoghi in perenne campagna elettorale e da qualche medico malato di protagonismo.

L'esasperazione è comprensibile se si considerano le promesse non mantenute, la burocrazia che continua ad imprigionare tutto e la disperazione di vedere la propria vita distrutta economicamente, ma non giustificabile se si spara a raffica ad altezza d'uomo. Sono cose che considero pericolose e che potrebbero lasciare spazio a scenari futuri non auspicabili. Da questo incubo, prima o poi, si uscirà, ma per uscirne migliori ognuno dovrà fare la sua parte nel rispetto degli altri.