Studia!

27.10.2022

Studia! - mi ripeteva mia nonna ogni volta che l'andavo a trovare. Una donna nata alla fine dell'Ottocento e vissuta tra le ristrettezze della gente del suo rango. Aveva una deferenza assoluta per lo studio, non avendo mai avuto la possibilità di dedicarvisi. Lo considerava una grande opportunità (nel suo caso mancata) per cambiare la propria condizione sociale e guardare a un futuro migliore.

Se oggi fosse viva resterebbe a dir poco di stucco. In Italia studiare con profitto non basta più a prendere l'ascensore sociale per salire. Il merito è frustrato da troppi lacci e lacciuoli, la cooptazione resta una zavorra reale; molti giovani preparati, quando possono, se ne vanno all'estero, e i due gangli fondamentali di una società libera e liberale - la scuola e l'università - non se la passano affatto bene.

Al giorno d'oggi è molto meglio buttarsi in politica per tentare di salire sull'ascensore sociale. In questi anni recenti, del resto, ne abbiamo avuti diversi esempi. Partiamo dal più eclatante, quello del grillismo. Con il successo elettorale del Movimento 5 Stelle molti giovani, uomini e donne, si sono trovati proiettati in un baleno dalla semplice quotidianità al Parlamento e poi al governo. Da Luigi Di Maio a Roberto Fico (per citare i più noti), l'ascensore sociale e di popolarità è stato entusiasmante.

Anche il leghismo dell'Umberto Bossi prima maniera e pure quello successivo hanno incarnato un'occasione di far politica e, al tempo stesso, di ascesa nella scala sociale. Oggi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è forse l'esempio più forte di una donna che partendo dalla Garbatella, quartiere popolare di Roma, baby-sitter per sostenersi economicamente, ha scommesso con volontà e impegno sulle proprie capacità e attitudini a far politica.

Certo, in questo muoversi all'insù c'è pure il contrappasso di un ascensore che scende. È il caso di uomini e donne che, decidendo di far politica, si sono trovati a guadagnare meno di prima pur avendo ruoli importanti. Ad esempio Guido Crosetto e Carlo Calenda, per citarne un paio.

Non si tratta però di fare un elenco ma piuttosto di prendere atto di un Paese nel quale la mobilità sociale è relegata ormai a piccoli spicchi di mondo, di cui uno è certamente la politica. Recuperare oggi merito e mobilità sociale anche negli altri settori della nostra vita nazionale - cominciando da scuola e università - diventa perciò indispensabile. Se mia nonna fosse ancora qui, non potrebbe mai credere che un «Vaffanculo!» possa essere un viatico per fare carriera.