Tronisti

11.08.2021

Matteo Bassetti, il più sexy dei virologi, così sexy da essere invitato da Barbara D'Urso sulle note struggenti di Gino Paoli. E sua moglie, bionda, bella, solare, con un cognome che è tutto un programma (Vieusseux), forse lontana discendente del fondatore del Gabinetto letterario che ospitò Foscolo, Leopardi e Manzoni. Barbara D'Urso li accolse come due reduci dell'Isola dei Famosi o del Grande Fratello. Niente camice bianco, stetoscopio e volumoni scientifici in bella mostra alle sue spalle. La puntata era dedicata al virologo in formato famiglia, ai retroscena della sua "lunga storia d'amore", come cantava il poeta in sottofondo. Il video del matrimonio con karaoke, Bassetti giovane con le Timberland e un animo profondo («di nascosto ascoltavo Gino Paoli»). E poi l'incontro con quella che sarà sua moglie, la famiglia, il lavoro, l'amore, la gelosia di lei per le ammiratrici che gli scrivono sui social.

L'amore trionfa sul virus, il protocollo sanitario si fa gossip, il discorso medico scivola nell'introspezione affettiva. Barbara D'Urso ha inaugurato una nuova fase: la trasformazione dei virologi in creature televisive "pure", senza infingimenti, varianti e richiami. Del resto nessuno si stupisce più, eravamo pronti da tempo. La parabola di Bassetti è esemplare: comincia nelle retrovie di Rete4 nei primi mesi della pandemia, con qualche ospitata a Quarto Grado, poi un'escalation fulminante. Complice il piglio deciso, l'anti-catastrofismo, la presa sicura sul pubblico femminile e una vaga somiglianza con Gianluca Vialli in versione "macho", le sue presenze televisive si sono moltiplicate a dismisura. Un po' a destra ma non troppo («Salvini è una persona che stimo»), dunque in aperta controprogrammazione con il Burioni di Fazio. Poi la convocazione alla "Partita del cuore" (Bassetti è il primo virologo-calciatore) che celebra la mutazione definitiva in personaggio della tv. Ma andiamo a vedere come siamo passati dai tutorial di Mirabella, che illustravano la pratica di lavarsi le mani, a Bassetti sulla copertina di Chi.

Siamo alla fine di gennaio del 2020 quando Roberto Burioni interviene per la prima volta da Fazio parlando del "virus cinese". Ma le creature televisive del momento erano le "sardine" esibite in tutti i talk-show, ignare che stanno per essere spazzate via da un esercito di virologi. Il panorama virologico televisivo si definisce attorno ai nomi di Fabrizio Pregliasco, Maria Rita Gismondo, Ilaria Capua e Roberto Burioni. Col primo positivo italiano (il paziente di Codogno) e l'inizio del lockdown proclamato da Conte, tutti e quattro infilano un numero spaventoso di apparizioni televisive. All'inizio i più richiesti sono stati Capua e Burioni, anche perché erano gli unici che il pubblico conosceva già. Facile per loro diventare un punto di riferimento in quella prima fase assai confusa, con tanto di libri sfoderati con tempismo perfetto (i primi di una lunga serie).

Ci furono virologi usciti presto di scena per rientrare nell'ombra della corsia. Altri, come Massimo Galli, destinati a una sovraesposizione televisiva ai limiti dell'esperimento sociale (Galli si era anche concesso un'uscita di scena alla Mina, «basta tv, mi tolgo di mezzo, devo studiare», per poi rientrare immediatamente a Cartabianca). Poi Crisanti, Zangrillo, Lo Palco (che diventerà assessore in Puglia con Emiliano) e Walter Ricciardi, ex attore teatrale e consulente di Roberto Speranza. Le sue foto giovanili accanto a Mario Merola è un primo sintomo di cedimento "pop" della credibilità scientifica. Siamo all'inizio della pandemia e prima che i temi caldi diventino la "Pasqua blindata" o le gabbie di plexiglas in spiaggia o i banchi a rotelle, questa ondata di virologi si divincola tra dati che non tornano, piani sanitari, autocertificazioni, mascherine introvabili, tamponati, positivi, asintomatici. Messi alle strette, invitano soprattutto a "lavarsi frequentemente le mani". Spiegano come si starnutisce nel gomito, invitano a "evitare luoghi affollati", a restare a casa se abbiamo la tosse, il raffreddore, la febbre e a non recarci tutti i giorni al supermercato. Non ne azzeccano una ma ci rassicurano col piglio delle vecchie zie sulle unghie sempre pulite e la maglia di lana d'inverno.

Con il primo lockdown sostituiscono come in un golpe tutti i politici in tv. Quel periodo mi ha ricordato il dopo-tangentopoli, con i giudici schierati in prima fila in tutti i talk-show. I virologi venivano spalmati su tutto il palinsesto, dalla fascia del mattino alla prima serata, e ben presto scoprono anche loro il fascino della rissa, ingrediente narrativo essenziale di ogni talk che si rispetti. Il primo scontro tra virologi è quando Burioni definì Gismondo "la signora del Sacco". Scene identiche alle liti sgangherate tra gli opinionisti dei reality: infettivologi contro immunologi, epidemiologi contro virologi, Sacco contro Spallanzani, opinionisti contro medici, Bassetti contro Simona Ventura, Bruno Vespa che attacca Galli definendolo "il Davigo dei virologi". Litigano, cambiano idea, si smentiscono e tentennano, proprio come tutti gli altri. E come tutti gli altri sono narcisisti. Ospite a Cartabianca, Matteo Bassetti a un certo punto s'incazza: «Ma qui parla solo Crisanti, che mi avete invitato a fare?». Non siamo ancora a Zangrillo che pulisce col fazzoletto la poltrona dov'era seduto Burioni, ma poco ci manca.

Poi a maggio arrivano i primi "non se ne può più" e le scottanti rivelazioni sui compensi per le ospitate. Dopo l'estate, la finestra virologica apre ogni puntata di Domenica In. Con la seconda e terza ondata, poi, spuntano nuove stelle, come la professoressa Antonella Viola. In questo anno e mezzo ognuno ha sviluppato le sue preferenze in fatto di virologi, come coi divi di Hollywood. Ma la professoressa Viola mette subito tutti d'accordo. Competenza, misura, fascino, sorriso rassicurante e una conturbante "erre" moscia. Si vede soprattutto da Lilli Gruber, se non altro per stemperare il testosterone di Travaglio. Ha un fascino pazzesco tra i maschi eterosessuali. Le sue apparizioni televisive mi ricordano indicibili camici bianchi appena sbottonati, visite militari, stetoscopi di Gloria Guida, Edwige Fenech, Nadia Cassini e altre "dottoresse alle grandi manovre". Antonella Viola è senza dubbio il prodotto televisivamente migliore di questa lunga stagione sanitaria e uno dei personaggi più riusciti. Inoltre è anche impegnata in uno spot per una fondazione benefica (gli spot coi virologi sono il prossimo filone da tenere d'occhio, insieme alle guide per il turismo vaccinale).

E allora cosa inventarsi adesso? Quale futuro per questa parata di medici televisivi, a parte la prevedibile "discesa in campo" di alcuni? In piena estate del 2021, dopo un anno e mezzo di incubo orwelliano, il discorso virologico procede per frasi fatte, sempre più atrofizzate. L'emergenza rientra pian piano ma la televisione non li molla, ormai sono troppo familiari. E il pubblico, si capisce, subisce sempre il fascino del camice bianco: da La Cittadella di Cronin con Alberto Lupo fino a Luca Argentero, passando per E.R., Grey's Anatomy, Un Medico in famiglia e Braccialetti rossi: ognuno ha il proprio medico preferito. Poi sono arrivati i virologi e hanno riscritto tutto il nostro immaginario in un micidiale corto circuito di ruoli e competenze. E se Barbara D'Urso può fare la Dottoressa Giò, non vedo perché Matteo Bassetti non possa fare il tronista.