Un abisso

Un abisso separa Mario Draghi da questi figuranti di seconda e terza fila con cui abbiamo a che fare, tronfi protagonisti della più surreale, autolesionista, improponibile e sconclusionata crisi che l'Italia ricordi da tanti anni a questa parte. Un abisso quello in cui con superficialità e meschinità molti di questi stessi protagonisti hanno gettato il lavoro di un anno e mezzo. Risultati a cui evidentemente la mediocrità imperante non è adusa.
Un abisso quello in cui il Paese intero rischia di scivolare, mentre già si odono i frastuoni di campagna elettorale. Tuoni prima lontani, poi sempre più vicini. Inconfondibili, tipici degli spettacoli pirotecnici delle notti d'estate: tanto rumore, tanta luce, tanto fumo, nessun arrosto. Campagna elettorale in cui, come in una maledizione che si ripete da lustri, avremo l'un contro l'altro armati, creazioni ad hoc per raccattare quanti più voti possibile per provare a vincere o almeno a non perdere troppo. Alleanze che rischieranno di finire triturate come tante altre volte in un passato sempre uguale, terrorizzate dal dover governare dopo aver raccontato tutto e il contrario di tutto agli elettori.
Vincere e non sapere poi che cosa farsene della vittoria: una lezione che leader, presunti tali, partiti e coalizioni semplicemente rifiutano di imparare. Il centrodestra che ha spinto più di tutti per le urne - ignorando gli interessi e il momento del Paese, nonché i lavori lasciati a metà strada da Draghi (che a volte sono peggio di quelli ancora non iniziati) - sente solo il profumo dei voti. Salvini, Berlusconi e Meloni vedono lo striscione dell'ultimo chilometro convinti di trionfare. Che poi fra i tre su politica estera, politica energetica, politica economica, politica dell'Unione, politica e basta, le differenze siano spesso oggettivamente stridenti deve apparire ai più un dettaglio.
Con i mercati sfiduciati, lo spread alle stelle e i conti difficili da domare, sarà sufficiente tirar fuori le care, vecchie parole d'ordine: «la colpa è dell'Europa» (quella che ci ha inondato di soldi "aggratis"). Il solito copione, solo che questa volta potrebbe toccare a loro rifilare la pillola amarissima al Paese. D'altra parte, Conte - che tutto questo ha innescato - è come se già non fosse mai esistito, un lontano rumore di fondo. Irrilevante. Che dire, poi, dell'anima del centrosinistra, quel Pd che ieri non ha letteralmente toccato palla e ora si ritrova con un presunto alleato indigeribile e pressoché ininfluente. Ma l'immagine della giornata di ieri resta la risposta di Mario Draghi allo stralunato attacco di Giorgia Meloni sui "pieni poteri": la fotografia dell'abisso.