
Parole per la pace
a cura di Fernando Romagnoli
Non un milligrammo in meno
Nel maggio del '40, da qualche parte in Francia, un tank tedesco passa nella nuvola dei fiori di un ciliegio dopo averne divelto il tronco: è una celebre immagine della Blitzkrieg. In pieno deserto, nel 1991 un gruppo di marines degli Stati Uniti sfarina delle gallette sui palmi umiliati di soldati iracheni. Nel 2003, in un paese dell'alto Friuli, un uomo ha quasi ucciso un altro uomo a colpi di bastone. Davanti al mio giardino c'è una casa ristrutturata: prima era una casa solo di sassi, adesso è solo una casa di ricchi.
C'è un filo di volgarità che lega queste immagini, la volgarità è di colui che non sa reggere alla propria vittoria. Essere volgari è seducente. Per conto mio, mi ingegno di resistere, per lo più leggo e qualche volta scrivo. Scrivere versi è preparare con ostinazione e con cura il proprio fallimento, portarne tutto il peso, non un milligrammo in meno.
Pierluigi Cappello

SUL FRONTE ORIENTALE
Ai selvaggi organi della tempesta invernale
somiglia del popolo l'oscura collera,
la purpurea onda della battaglia,
di stelle sfrondate.
Con cigli infranti, argentee braccia
fa cenno ai soldati morenti la notte.
Nell'ombra dell'autunnale frassino
sospirano gli spiriti degli abbattuti.
Sterpaglia spinosa cinge la città.
Da sanguinanti gradini discaccia la luna
le atterrite donne.
Selvaggi lupi irruppero attraverso la porta.
Georg Trakl
TEMA DELLA BOSNIA
Mentre pensi a versarti uno scotch, schiacci una blatta,
o controlli l'orologio, mentre con la mano ti sistemi la cravatta,
c'è gente che muore.
In queste città dai nomi strani, sotto i colpi di fucile,
in mezzo alle fiamme, senza nemmeno sapere perché,
c'è gente che muore.
In posti piccoli che non conosci, ma grandi abbastanza
per reclamare il diritto a un grido o a un addio,
c'è gente che muore.
C'è gente che muore
mentre tu eleggi nuovi apostoli dell'indifferenza,
del non intervento e di tutto ciò che fa morire la gente.
Sei troppo lontano per amare il prossimo tuo nel fratello Slavo,
dove i tuoi angeli hanno paura di volare,
c'è gente che muore.
Mentre i mezzi busti non trovano accordo, versione di Caino,
la macchina della storia fa dei cadaveri il suo carburante.
Mentre guardi un atleta segnare, controlli l'ultimo estratto-conto,
o canti la ninnananna al tuo bambino,
c'è gente che muore.
Il Tempo, che con la punta tagliente del suo pennino
assetato di sangue separa le vittime dagli assassini,
scriverà tra questi il nome di quelli come te.
Joseph Brodskij
GABRIEL PÉRI
Un uomo è morto e aveva a sua difesa
Solo le braccia che apriva alla vita
Un uomo è morto e aveva per sua via
Solo quella dove s'odiano i fucili
Un uomo è morto e continua la lotta
Contro morte contro silenzio
Perché tutto quel che volle
Anche noi l'abbiamo voluto
Noi lo vogliamo oggi
Che la gioia sia luce nel fondo
Degli occhi nel fondo del cuore
E la giustizia sul mondo
Ci son parole che fan vivere
E sono parole innocenti
Il nome calore il nome fiducia
Giustizia amore e il nome libertà
Il nome figlio e il nome gentilezza
Certi nomi di fiori certi nomi di frutti
La parola coraggio la parola scoprire
E il nome fratello e il nome compagno
E certi nomi di luoghi e paesi
E certi nomi di donne e d'amici
E con questi Péri
Péri è morto per quel che ci fa vivere
E diamogli del tu gli hanno spezzato il petto
Ma grazie a lui ci conosciamo meglio
E diamoci del tu la sua speranza è viva.
Paul Éluard
BAMBINI SOTTO LE BOMBE
Gaza, 2009
E' carne anche questa
di cuccioli d'uomo,
maciullata sbranata
dentro vampate d'aria
gonfie di polvere fiamme e fumi,
lapidata
dalle schegge
di una vigorosa, impietosa
luce meridiana
anche questo rossore
di lacrime acerbe
che inondano la terra.
E' carne anche questa,
queste promesse d'uomo
in macerie,
appena dischiuse
e già perdute al mondo,
labbra di miele sfregiate
e innocenti sorrisi
stuprati,
pericolanti
come una buia crepa
nell'azzurro del cielo.
Anche queste piccole mani
imbrattate di sangue
sotto gialle rovine,
chiuse come boccioli
recisi,
sepolti alla vita.
Un urlio di uccelli
si infrange
contro i colori
vacillanti
di un cielo sventrato
che si inarca
al rombo cupo e sordo
degli ordigni di morte
sputati ancora
dal ventre demente del drago.
Il tempo non porta saggezza.
Il suo barbaro occhio di mostro, di ciclope
è cieco
come la vostra immacolata
defraudata
impietrata vita,
come la nostra millenaria
crivellata speranza
imputridita.
Fernando Romagnoli

FUGGIASCHI PER FATO
Fuggiaschi per fato
da terre straziate
ubriache di sangue,
da un mondo che crolla,
arrancano
tra vampe di fuoco
macerie fumanti
e scudi nemici.
Vite mutilate
si curvano
docilmente
ad accogliere, sulle spalle,
un passato che muore,
a custodire
un vacillante futuro
nelle mani sfinite.
Avvampano ancora
le fiamme di Troia,
lampeggiano nello specchio derelitto
degli occhi
come di animali in fuga
nella vertigine del vuoto,
nelle tenebre della storia,
occhi colmi di cenere
e di lacrime delle cose,
che squarciano
la notte barbarica,
carichi di albe
promesse
e di destino,
occhi che portano il fuoco,
che annunciano
tra fumi sulfurei
e lampi dorati
il chiarore piangente
dell'ineluttabile
mattino.
Fernando Romagnoli
UOMO DEL MIO TEMPO
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Salvatore Quasimodo
VEGLIA
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
Cima Quattro il 23 dicembre 1915
Giuseppe Ungaretti
TERRE OFFESE
Regioni affondate
nell'interminabile martirio, per infinito
silenzio, battiti
d'ape e roccia sterminata,
terra che invece di grano e di trifoglio
hai tracce secche di sangue e delitti:
fertile Galizia, pura come la pioggia,
salata per sempre dalle lacrime:
Estremadura sulla cui riva
di cielo e d'alluminio, scuro come squarcio
di proiettile, tradito e ferito e distrutto,
Badajoz tra i suoi figli morti
giace senza memoria
guardando un cielo che ricorda:
Málaga arata dalla morte
e perseguitata in mezzo ai precipizi
fino a che le madri impazzite
sferzavano la pietra con i figli appena nati.
Furore, ala di lutto,
e morte e collera,
fino a che le lacrime e il dolore uniti,
fino a che le parole, lo smarrimento e l'ira
non saranno che un cumulo d'ossa in una strada
e una pietra seppellita dalla polvere.
Tante, tante
tombe, tanto martirio, tanto
galoppo di bestie qui sulla stella!
Nulla, né la vittoria
cancellerà la ferita terribile del sangue:
nulla, né il mare, né il passare
della sabbia e del tempo, né il geranio
che brucia sulla tomba.
Pablo Neruda
(GUERRA)
La vecchiaia nei paesi.
Il cuore senza padrone.
L'amore senza scopo.
L'erba, la polvere, il corvo.
E la gioventù?
Nella bara, laggiù.
L'albero solo e secco.
La donna come un legno
di vedovanza sul letto.
L'odio senza più scampo.
E la gioventù?
Nella bara, laggiù.
Miguel Hernández
PRIMAVERA 1938
Oggi, mattino della domenica di Pasqua,
una tempesta improvvisa si è abbattuta sull'isola.
Fra le siepi verdeggianti c'era la neve.
Il mio giovane figlio
mi condusse ad un alberello di albicocco,
vicino al muro di casa
lontano da un verso in cui segnavo a dito coloro
che preparavano una guerra
che poteva annientare
il continente, quest'isola, il mio popolo,
la mia famiglia e me.
In silenzio
mettemmo un sacco
sopra l'albero che stava gelando.
Bertolt Brecht
LA GUERRA CHE VERRA'
La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell'ultima
c'erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.
Bertolt Brecht
IL PRIMO GROSSO CALIBRO SU LENINGRADO
E nel variopinto tran tran della folla
tutto mutò di colpo.
Ma non era un suono cittadino,
e nemmeno campagnolo.
E' vero, era la copia esatta
del boato di un tuono lontano,
ma in un tuono c'è l'umido
d'alti, freschi cirri,
c'è l'annunzio dei lieti temporali
che anelano i prati.
E questo era secco, come l'inferno,
e l'orecchio turbato non voleva credere
a come si ampliasse e crescesse,
a come, indifferente, recasse morte
al mio ragazzo.
Anna Achmatova
XIX
Ma a sera l'oppressione si levò;
alte cime vennero a fuoco; era piovuto:
attraverso i prati e i fiori del giardino
giungeva la conversazione degli uomini d'alta esperienza.
I giardinieri li guardarono passare e valutarono le loro scarpe;
un autista aspettava, leggendo, nel viale,
che il loro scambio di vedute terminasse:
pareva un quadro di vita privata.
Lontano, quali che fossero le loro buone intenzioni,
gli eserciti attendevano un errore verbale
con tutti gli strumenti per causare dolore;
e dipendeva dall'esito del loro incantesimo
una terra stesa a deserto, con tutti i suoi giovani uccisi,
le donne in pianto e le città atterrite.
Wystan Hugh Auden
CANTO DEI MORTI INVANO
Sedete e contrattate
a vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
purchè trattiate e contrattiate
le vite dei nostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
converga a benedire le vostre menti
e vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
l'esercito dei morti invano,
noi della Marna e di Montecassino,
di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
e saranno con noi
i lebbrosi e i tracomatosi
gli scomparsi di Buenos Aires,
i morti di Cambogia e i morituri d' Etiopia,
i patteggiati di Praga,
di esangui di Calcutta,
gl'innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscirete discordi:
sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perché siamo i vinti.
Invulnerabili perché già spenti:
noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
finchè la lingua vi si secchi:
se dureranno il danno e la vergogna
vi annegheremo nella nostra putredine.
Primo Levi

L'ADDORMENTATO NELLA VALLE
E' una gola di verzura dove il fiume canta
impigliando follemente alle erbe stracci
d'argento, dove il sole, dalla fiera montagna,
risplende: è una piccola valle e spumeggia di raggi.
Un giovane soldato, bocca aperta, testa nuda
e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro,
dorme; è disteso nell'erba sotto la nuvola,
pallido nel suo verde letto dove piove la luce.
I piedi tra i gladioli, dorme. Sorridente
come sorriderebbe un bambino malato, fa un sonno.
O natura, cullalo tiepidamente: ha freddo.
I profumi non fanno più fremere la sua narice.
Dorme nel sole, la mano sul suo petto
tranquillo. Ha due grosse ferite sul fianco destro.
Arthur Rimbaud
TUTTI I GIORNI
La guerra non viene più dichiarata,
ma proseguita. L'inaudito
è divenuto quotidiano. L'eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
è trasferito nelle zone del fuoco.
La divisa di oggi è la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.
Viene conferita
quando non accade più nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico è divenuto invisibile
e l'ombra di un riarmo eterno
ricopre il cielo.
Viene conferita
per la diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all'amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l'inosservanza
di tutti gli ordini.
Ingeborg Bachmann
CONSIDERO VALORE
Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno animale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finchè dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri de Luca
SPODESTARE L'IO
Spodestare l'Io,
essere un niente, essere nessuno,
per accogliere l'inatteso umano,
visitati dall'Altro
che tutti siamo
che è ognuno,
per volare nel suo cielo
e ascoltarne il battito
e il mistero.
Schiodare l'Io,
fare vuoto e spazio nell'anima,
esposti a un'indivisibile, inseparabile pena,
ostaggi
del Volto nudo e sacro dell'Altro,
spogliato, violato
braccato
da un livido tempo malato,
lapidato
dal rumore astioso
del mondo,
sfigurato
dallo stigma cainesco, ustionante
del nostro sguardo.
Volto dove crepita e fiammeggia
una brace
meravigliata di luce,
Volto murato
dentro una notte smisurata.
Urlo, invocazione
che folgora il buio.
Volto riverso
in una contratta, fetale cecità
dalla nostra meticolosa
empietà.
Fernando Romagnoli

ULTIME
DELLA ROSA
Cosa può fare una semplice rosa
contro la guerra infinita?
Nient'altro che essere vita
contro la vita tradita.
Cosa può fare una semplice vita
contro la morte infinita?
Nient'altro che offrire una rosa
di pace, a un amico e a un'amica.
Se il loro infinito è la guerra
che appesta da sempre la terra,
a nostra giustizia sia
rosa d'amore e d'utopia.
Gianni D'Elia
BAMBINA
MIA

Bambina mia,
per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all'ultima rosa, fino all'ultima
piuma.
Tutto il regno per te.
E invece ti lascio baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno.
Ira nelle periferie della specie.
E al centro,
ira.
Ma tu non credere a chi dipinge
l'umano
come una bestia zoppa e questo
mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio
pesto e
di sangue. Lo fa perché è facile farlo.
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Sentiamo ancora. Siamo ancora capaci
di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
Tocca a te, ora,
a te tocca la lavatura di queste croste
delle cortecce vive.
C'è splendore
in ogni cosa. Io l'ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C'è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
L'amore è il tuo destino.
Sempre. Nient'altro.
Nient'altro. Nient'altro.
Mariangela Gualtieri

SII
DOLCE CON ME. SII GENTILE
Sii dolce con me. Sii gentile.
E' breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell'umano. Come ora ne
abbiamo dell'infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d'imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell'opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d'acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d'essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci -
questo essere corpi scelti
per l'incastro dei compagni
d'amore. Nei libri.
Mariangela Gualtieri
I GIUSTI
Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un'etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
Jorge Luis Borges