Generale, la guerra è finita

06.05.2024

Nelle prossime settimane la televisione ci fornirà uno spettacolo quotidiano gratuito: la campagna elettorale. Fino all'8 giugno sarà una gara quotidiana per stupirci con effetti speciali ed esibizioni spericolate come nemmeno il Circo di Montecarlo. Le scelte comunicative dei partiti in occasione del voto danno la piena misura della considerazione in cui tengono l'intelligenza di noi elettori. Dalle loro mosse propagandistiche, dai messaggi lanciati nei comizi o attraverso i manifesti, emerge con chiarezza che la scarsa fiducia che gli italiani hanno nei loro politici è pienamente ricambiata. Eh sì, anche loro ci giudicano degli imbecilli, qualunque sia la nostra scelta nel segreto dell'urna. Anzi, più siamo orientati a votarli, più loro ci ritengono decerebrati.

Non si spiega altrimenti l'appello di Giorgia Meloni a votarla col semplice nome di battesimo "Giorgia", trasformando la scheda elettorale in un bigliettino amoroso come quelli che ci si passava alle elementari. Evidentemente la premier pensa che la scolarizzazione dei suoi elettori si sia fermata lì, e che abbiano così poca confidenza con la scrittura che dopo aver tracciato sulla scheda le sette lettere di "Giorgia" si accasciano esausti. Chiedergli di vergare le altre sei di "Meloni" è volerli morti. Del resto l'elettore di Fratelli d'Italia non ha mica tempo da perdere come i mollaccioni di sinistra. Il suo mondo è fatto di virili aratri per tracciare solchi e gagliarde spade per difenderli. La matita, strumento per femminucce, gli scotta in mano.

La vittoria alle Europee nasce sulla canna del fucile, come suggerisce il manifesto del candidato di Fratelli d'Italia Pietro Fiocchi, immortalato mentre imbraccia una doppietta. Onestamente credevo che certe immagini potessero funzionare solo in certe zone del Medio Oriente, non nell'Italia fiera delle sue radici romane e cristiane, ma vabbè, nel centrodestra c'è anche chi schiera direttamente i generali. Anzi, il generale più famoso di tutti, Roberto Vannacci, così generale che sulle liste della Lega lo vedremo indicato in una forma che mi fa pensare alle mattonelle che ho visto nelle vie di Sora, con i soprannomi degli antichi artigiani: Marino detto il Varechina, Guerrino detto il Capastorta, Roberto (Vannacci) detto il Generale.

Di generali illustri ce ne sono stati parecchi nella storia patria, da Diaz a Dalla Chiesa, da Cadorna a Figliuolo, eppure l'onore di diventare "il Generale" per antonomasia è toccato a un tizio che ritiene Mussolini uno statista e che in autobus toccava le persone di colore per capire se la consistenza della loro pelle fosse più o meno come la nostra (lo ha raccontato lui). Chi scriverà solo "Generale" sulla scheda elettorale il prossimo giugno, non annullerà solo il proprio voto, ma ottant'anni di democrazia.