Scritture scriteriate
La lavanda
Ero al bar a chiacchierare con amici anziani, come me. Un caffè, una sigaretta, una seconda sigaretta; uno di loro sfoggia un sigaro dal profumo inconfondibile di merdigno. Tutti col cellulare sul tavolo. Chi risponde a una chiamata; chi visita un sito sull'argomento di cui si sta parlando, a cercare chissà quali scientifiche conferme di quanto sta sostenendo; chi deve fare una chiamata che sennò mi scordo; chi, forse annoiato dalle argomentazioni degli altri è sovrappensiero. Tutti pronti a interrompere la logorrea degli altri, alzano la voce per coprire quella di chi sta parlando. Qualcuno apre parentesi possessive; un altro è distratto da un bel sedere transitante in quel momento dall'altra parte della strada.
Vicino a noi, ad un tavolinetto, sedeva una vecchia signora che aveva terminato di bere qualcosa, forse un tè. Vestita a modino, ordinata, a momenti ne sentivo un profumo di lavanda. Cosa d'altri tempi mi dissi e questo mi rendeva simpatica la persona. Per un attimo mi ero distratto dalle disordinate chiacchiere del nostro tavolino e ho provato a immaginare come fosse da giovane. Forse non propriamente bella, mi dissi, ma fine. Gli occhi tra il verde e l'azzurro confermavano un antico viso grazioso. Presto, tornai ai tanti argomenti che si stavano affastellando nel nostro talk show. D'un tratto la signora, alzatasi, mi si avvicina. Mi guarda, poi osserva i miei amici, nuovamente me, fissandomi con sorriso arguto.
Mi scusi se ho ascoltato i vostri discorsi nei quali non si è capito niente - dice - ma se mi permette vorrei farle notare una cosa. Prego signora - le dico alzandomi e invitandola a sedere accanto a me. Lei non accetta – Grazie, sto andando a casa ché devo prepararmi il pranzo. Cosa cucina oggi? - le dico, ah – risponde - la solita minestrina, poi un pezzetto di parmigiano e mezzo bicchiere di vin bianco, ché di più non posso, dice la mia dottoressa; ma mi lasci dire poi non la disturbo più. Con un gesto della mano la invito a continuare.
"Siete strani - dice - voi esseri umani. Le persone vere vi spaventano. Così preferite il bluff delle sovrastrutture che regolano il gioco subdolo della comunicazione. Quanta solitudine vi portate dentro!"
Finito il suo dire dal tono deciso e dal curioso linguaggio forbito, sono rimasto a bocca aperta. La signora si allontana salutando con un buona giornata.
I miei amici avevano ascoltato in silenzio, accompagnato dal volgare gesto della mano chiusa coi polpastrelli che si toccano, un altro battendosi con l'indice la tempia, oppure con un breve "ma la conosci sta qui?". Non commentai. Recuperato lo smartphone, le sigarette e l'accendino, mi alzo e, con un "s'è fatto tardi anch'io devo andare a cucinare", me ne vado facendo attenzione a non far capire che ero stato preso da un sentimento diverso dal loro.
Mi capita di dimenticare fatti, discorsi, parole, ma a volte riemergono quando me ne sto per i fatti miei. Così è successo che dopo mesi ho ricordato questo incontro. Perché di un incontro si è trattato, al profumo di lavanda.