Scritture scriteriate

a cura di Francesco Maria Moriconi

Solo un ulivo... solo

Stiamo salendo sul monte dove troverò la piccola comunità monastica ad accogliermi nel silenzio e nel servizio. La valle è una coltre di nebbia. Si procede piano, a fari accesi. Poi iniziamo a salire e improvvisamente la nebbia svanisce, lasciando spazio ad un sole che illumina tutto intorno, bosco, strada, qualche auto, un camminatore solitario in tenuta sportiva. 

Dall'alto la vista è intensa. Cime di colline e monti spiccano come su un lago grigio, un anticipo dell'isolamento in cui vivrò per qualche giorno, nel monastero. Silenzio e solitudine qui sono condizioni naturali, fisiche. Deserto, lo chiamano i monaci, ambiente che predispone ad un altro tipo di deserto. Sono queste le considerazioni spicciole che vengo facendo dentro di me durante il breve viaggio. Poi immagini e pensieri svaniscono per dare spazio ad un dialogo occasionato dalla vista di tanti olivi lungo il percorso.

In auto il priore dell'eremo, senza un motivo preciso, inizia a parlare di un ulivo piantato anni addietro da un laico ospite dei monaci nell'orto della cella assegnatagli. «Sono preoccupato per questo giovane – mi dice il padre – non oso cercarlo per paura della fine che può aver fatto nella sua vita randagia. Ogni volta che passo dinanzi a quell'ulivo la commozione è forte. Prego per lui ma sento che non basta. Non mi basta perché forse a lui non basta».

Si confida con me, il padre. E cosa posso dire io. Di fronte agli eremiti mi sento così banale che non posso dare consigli, nonostante io sia più vecchio di lui. Ascolto. Unico commento che sento di fare è che si tratta di una difficile situazione e forse un caso di coscienza. Aggiungo confidenzialmente: «Tu, padre, sai esser così empatico con chi soffre. Io, per me, non posso aggiungere nulla alle tue parole. Percepisco la tua sofferenza per la sorte di questo giovane, ma più di così...».

Poi, qualche giorno dopo l'arrivo in eremo, passeggiando mi trovo a passare di fronte alla cella che aveva accolto l'ospite giardiniere. Mi piace immaginarlo così, un giardiniere che si prende cura di qualcosa che vive. Getto lo sguardo nell'orto e lo vedo, come i rigogliosi limoni montaliani. Piccolo, basso, ma bello, verde e grigio e argento, carico di olive mature. Mi accontento di questo e questo dirò al priore prima di andarmene, cioè che il suo amico, comunque sia, ha lasciato un segno vivo, un po' come il Merlo canterino del film di Ioseliani.


Francesco Maria Moriconi è nato e vive nelle Marche.

Dopo la laurea in Lettere a Firenze, ha per lo più lavorato presso biblioteche pubbliche. Si è poi laureato in Filosofia a Urbino e diplomato in Scienze Religiose a Fermo.

Suoi contributi sono stati pubblicati dalla rivista "Firmana" dell'Istituto Teologico Marchigiano. L'Istituto di Storia del Movimento di Liberazione di Fermo ne ha pubblicato il volume "La civiltà cattolica e il Sessantotto universitario". Ha collaborato alla rivista "Cimbas" che si occupava delle fonti per la storia della civiltà marinara.