Spazio Teatro


Personaggi

Umberto

Marietta

Benito

Elvira

Attilio

Don Pietro

Maresciallo Caruso

Giovanni

Vincenzo

Peppino

Vittorio

Gaetano

Nunziatina

Ragazzino


ATTO PRIMO


La scena si apre nel Caffè del paese.

Il barista è dietro al bancone e sta spolverando alcune bottiglie.

A un tavolo sono seduti quattro uomini che giocano a carte e parlano del referendum popolare Monarchia-Repubblica, che dovrà svolgersi tra poco meno di un mese, il 2 giugno 1946.

La radio sta trasmettendo alcune canzoni di musica leggera.

Oltre che del referendum, gli uomini parlano anche di Umberto (noto ex fascista) e di suo figlio Benito (noto omosessuale).

La trasmissione di musica leggera viene interrotta da un breve notiziario.

RADIO Interrompiamo il programma per trasmettere un breve notiziario straordinario.

Oggi, 9 maggio, a Napoli, Vittorio Emanuele III, davanti al notaio Angrisani, ha scritto di proprio pugno, su un foglio di carta bollata da 12 lire, l'atto di abdicazione in favore di suo figlio Umberto. La decisione, benché fortemente sollecitata dagli Alleati, ha colto di sorpresa il Paese e il Governo. Oggi stesso, insieme alla consorte - la Regina Elena - il Re si imbarcherà sull'incrociatore Duca degli Abruzzi, diretto ad Alessandria d'Egitto.

Continua intanto la campagna elettorale per il referendum popolare Monarchia-Repubblica, che sta assumendo il carattere di un vero e proprio scontro politico. Dopo i congressi dei maggiori partiti - a gennaio del Partito Comunista, a febbraio del Partito d'Azione e in aprile del PSIUP, della Democrazia Cristiana e del Partito Liberale - gli schieramenti vanno ormai delineandosi con estrema chiarezza: da una parte i partiti di sinistra e gli azionisti, decisamente schierati per la Repubblica, dall'altra i partiti di destra e i liberali, schierati per la Monarchia.

La Democrazia Cristiana si è pronunciata nel suo congresso a favore della Repubblica, lasciando tuttavia liberi i suoi elettori di votare secondo coscienza.

Si conclude qui questo notiziario straordinario, e lasciamo i radioascoltatori in compagnia del programma di musica leggera.

GIOVANNI (commentando la radio) Non vedo l'ora di vedere le facce di certe persone (rimarca le parole) qui in paese, se dovesse vincere la Repubblica...

VINCENZO Nonpenseranno mica di vincere... Caro Giovanni, questi signori (rimarca la parola) hanno finito di dettar legge... sarebbe ora che se lo mettano bene in testa. D'ora in poi avremo la Repubblica! La democrazia! E quelli (fa un gesto per indicare fuori) è ora che comincino a digerirla. Certo, sarà un po' indigesta... per loro intendo (indica fuori), ma col tempo ci riusciranno... magari con l'aiuto di un po' di olio di ricino (gli amici ridono)... da qualche parte dovrebbero averlo nascosto...

(cambia discorso) Piuttosto, hai spiegato a tua moglie come si vota?

ATTILIO Sì, certo.Ho anche portato qui al Caffè un centinaio di foglietti... ma vedo che non ce ne sono più... hanno fatto man bassa!

GIOVANNI A proposito di mogli...questo è un bel problema. Alla mia le ho spiegato come si fa, ma quella benedetta donna non sa neanche tenere la penna in mano... Attilio ha ragione, i foglietti me li son finiti tutti io, ma mia moglie è più a suo agio con la zappa... ci va più d'accordo! E poi li dà anche alle donne del vicinato...

(scuotendo la testa) L'ospedale che aiuta la chiesa!

PEPPINO Allora è stata tua moglie a dare il foglietto a Laurina... e quella, benedetto Iddio, altro che zappa... l'ha dato al fattore che è dichiaratamente monarchico. Apriti cielo! E' piombato a casa nostra e ci ha mangiato vivi.

ATTILIO E voi cosa avete fatto?

PEPPINO Che abbiamo fatto... E' entrato tutto arrabbiato...

(imitando il fattore): «Sputate sul piatto dove avete mangiato per tanti anni!»...

Io e mia moglie ci siamo guardati senza rispondere, poi mi è venuto un lampo di genio e gli ho inventato la storiella che mia moglie credeva che quella signorina con quella cosa in testa era il simbolo della donna incoronata, e quindi del Re. E lui: «Ma non la vedi che è questa la corona?». Sì, gli ho detto, ma questa non sta sulla testa di nessuno, è appoggiata per terra...

VITTORIO E c'è cascato?

PEPPINO L'ho sempre detto che è più tonto di mia moglie... E' andato via tutto contento e soddisfatto, dicendo: «Bravi, bravi, l'ho sempre detto che i miei contadini sono i migliori del mondo».

ATTILIO Perché non sa dei polli e dei prosciutti che gli fai sparire...

VINCENZO Senti chi parla... lo dice pure il proverbio: quaranta mugnai, quaranta macellai e quaranta osti, fanno cento e venti ladri giusti giusti!

ATTILIO Comunque, se volete i foglietti, qualcuno me n'è rimasto...

VITTORIO Tienili, tienili, non li dare più a nessuno, che mi servono per mio suocero... E' monarchico, però è più stupido del fattore di Peppino... Se c'è caduto quello, state certi che ci cade pure lui.

GIOVANNI Mi sa che tuo suocero non si sbaglia... E' vero che è più ubriaco la mattina che la sera, ma col regime c'ha mangiato bene...

VITTORIO Beh, ammetto che aveva la tessera del Partito Fascista, ma in fondo è un bonaccione che ha sempre lavorato... ha fatto lo spazzino...

GIOVANNI Senti senti... (rivolgendosi agli amici) pensa che anche noi siamo dei boccaloni... tuo suocero doveva (rimarca la parola) fare lo spazzino, ma siccome la sera era sempre sbronzo, la mattina a scopare le strade ci andava la moglie per non fargli perdere il lavoro... A quell'ora dormivano tutti e quando il paese si svegliava e vedeva le strade pulite, nessuno aveva nulla da ridire e il posto a tuo suocero non l'ha mai toccato nessuno... (piccola pausa)

Ma che credi, i signori si svegliavano alle nove, ma noi contadini alle cinque eravamo già in piedi. (piccola pausa) E poi... qui si sa sempre tutto di tutti!

ATTILIO Sapete che vi dico? Che per me Monarchia o Repubblica non cambia nulla: se resta il Re oppure viene il... quello lì, come si chiama?... il Re... il Repubblico! Io mi devo svegliare sempre all'alba per guadagnarmi il pane. (piccola pausa) Perché, a voi, per caso, la Repubblica vi darà la pagnotta senza lavorare?

GIOVANNI Eccolo qui! Che dicesse mai una cosa sensata. Ma cosa c'entra? Certo che dobbiamo lavorare, però non ci saranno più le ingiustizie... Ieri in piazza c'era uno che parlava... dovevate sentirlo... ha detto che se dovesse vincere la Repubblica, dopo ci saranno sempre le elezioni e noi potremo votare chi ci pare... voti uno, ti accorgi che non va bene, la prossima volta ne voti un altro. Mica come Mussolini che c'è stato vent'anni!

PEPPINO Fatemi capire... adesso le nostre donne voteranno sempre?

VITTORIO Eh, sì. Non solo le nostre... tutte le donne!

PEPPINO (con tono sconsolato) Ma dove andremo a finire!

ATTILIO (con aria divertita) Adesso sì che siamo a posto, ci mancava solo questo... che volete che intendano di politica le nostre mogli, che fino ad oggi non hanno fatto altro che curare l'orto, tagliare l'erba per i conigli e cucinare... Le donne devono fare le donne!

GIOVANNI Su questo sono d'accordo anch'io:

(con tono perentorio) le donne devono fare le donne!

ATTILIO (rivolgendosi a Giovanni) Mi prendi in giro?

GIOVANNI Non ti sto prendendo in giro. Ho solo detto che sono d'accordo con te sul fatto che le donne devono fare le donne e che gli uomini devono fare gli uomini.

ATTILIO (ancora poco convinto) Che vorresti dire?

GIOVANNI Semplicemente quello che ho detto.

(spiegandosi meglio) Vedi Attilio, se una donna è robusta che assomiglia a un uomo, a una famiglia potrebbe anche fargli comodo... avrebbero altre due braccia per lavorare i campi e tutto il paese direbbe: guarda che fortuna quello, ha una moglie robusta che tira avanti la baracca senza stancarsi mai... ha una moglie che sembra un trattore!

 (Gli uomini seguono interessati il discorso di Giovanni)

Poi ci sono quelle famiglie che hanno un uomo che sembra una donna...

(Si leva qualche risatina)

ATTILIO Spiegati meglio.

GIOVANNI Voglio dire che... per esempio, non avete visto come cammina il figlio di Umberto? Lui, fascista della prim'ora, che si ritrova un figlio che cammina così...

(Mentre pronuncia quest'ultima frase, si alza dalla sedia e mima una camminata effeminata. Tutti gli uomini si mettono a ridere in modo eclatante)

ATTILIO Madonna mia! Siete peggio delle servette. Che v'importa come cammina il figlio di Umberto? Umberto è una brava persona... sì, è vero che adesso gli è caduto il mondo addosso, però non è un uomo cattivo. E' un lavoratore, un uomo di chiesa, e la moglie è una santa donna... se non altro per sopportare il carattere del marito. Senza parlare della figlia Elvira, una bravissima ragazza...

(parlando piano con circospezione) sembra che la voglia in moglie il figlio di Saverio Pallotta... Gaetano! E si dice che quando si sposeranno il padre gli lascerà in dote non so quanti ettari di terra che ci potrebbe mangiare un reggimento intero.

(Entra nel caffè un ragazzino, il figlio di Vittorio)

RAGAZZINO Babbo! Ha detto mamma che devi tornare a casa un po' prima, perché deve venire il veterinario a vedere la mucca.

VITTORIO Dì a tua madre che fra poco arrivo.

PEPPINO Finiamo questo bicchiere e poi ce ne andremo tutti.

VINCENZO Hai ragione, metti via le carte, basta giocare.

GIOVANNI Ritornando al discorso di prima... quello sugli uomini e sulle donne... (pausa) e il figlio di Umberto?

ATTILIO Benito?

GIOVANNI Sì, Benito. Un nome che, non voglio essere cattivo, mi suona poco con gli atteggiamenti di questo giovanotto.

ATTILIO Benito ha studiato, non è ignorante come noi... E' vero che a vederlo sembrerebbe... sembrerebbe...

(Tutti gli uomini pendono dalla bocca del barista)

Sembrerebbe un po' effeminato... però, mica tutti possono avere il portamento che si sposa con il nome di battesimo. Io che mi chiamo Attilio, come dovrei camminare secondo voi?

GIOVANNI (alzando le spalle) Ma cosa c'entra? Quel giovanotto cammina che sembra una femmina!

ATTILIO Sei proprio ignorante! Il modo di camminare di Benito è dovuto alla cultura...

GIOVANNI Alla cul...?

(Tutti ridono)

ATTILIO Allo studio! Mica è come noi che sappiamo a malapena leggere e scrivere e che fino ad oggi abbiamo sempre lavorato come somari. Quando camminiamo siamo rozzi! Lui invece è abituato a scrivere, a sfogliare i libri... e allora è più signorile... come posso dire?... Più delicato!

GIOVANNI Ma che signorile e delicato... quello è proprio finocchio! Che Dio mi perdoni (si fa il segno della croce)... altro che libri!

(Gli altri uomini, dopo avere ascoltato questa frase, approvano con ampi cenni del capo)

VITTORIO Anche don Pietro ha parlato con Umberto... ha cercato di metterlo in guardia... sapete, quando si ha a che fare con queste disgrazie, ci vuole un uomo che sappia parlare... non si può mai sapere come un genitore può prendere una cosa del genere.

PEPPINO Capisco che queste sono grandi disgrazie e capisco pure che per un uomo come Umberto lo smacco è ancora più grande... ma non si rende conto che tutto il paese sa che il figlio ha la malattia che trasmette i libri? Insomma, che è tutto... come si dice?... Infinocchiato!

ATTILIO Don Pietro è una persona intelligente... se gli ha parlato lui, sicuramente gli ha detto le parole giuste. Ultimamente mi sembra che Umberto si comporta come un cane bastonato. Quando passa in piazza non guarda in faccia a nessuno. Qualche volta viene qui al Caffè ma solo quando è vuoto, prende un bicchiere di vino rosso e scappa via che a malapena riesco a salutarlo. (piccola pausa) Secondo voi... potrebbe essere che si vergogna del figlio?

VITTORIO Fortuna che mio figlio non lo frequenta, altrimenti sai le chiacchiere... ma in fondo di cosa mi preoccupo, mio figlio fa il ciabattino, i libri non li ha mai sfogliati e c'ha due mani così callose che ci si potrebbe rompere le noci!

(Mentre l'uomo sta parlando, entra Umberto. Gli uomini, che avevano abbandonato di giocare a carte, riprendono velocemente le carte in mano facendo finta di chiudere la partita)

ATTILIO Buonasera Umberto!

PEPPINO (a voce alta) Due a uno per noi!

VITTORIO Con l'asso, il tre e il re di briscola, ci credo che avete vinto...

GIOVANNI Che volete? Le carte girano... quando vengono a voi mica vi lamentate...

VINCENZO Domani faremo la rivincita... adesso andiamo a cena, che a forza di giocare mi è venuta una fame...

(Gli uomini si alzano dal tavolo e salutano il barista, ignorando la presenza di Umberto)

PEPPINO Allora ci vediamo domani.

GIOVANNI Ciao Attilio.

VINCENZO Ci vediamo domani, Attilio.

VITTORIO Buonasera Attilio.

(Il barista e Umberto restano soli)

ATTILIO Umberto, come mai da queste parti? Ti vedo strano...

UMBERTO (con tono affranto) Sono giorni che non dormo... e penso che dovrò stare sveglio fino a quando il Padreterno non mi farà chiudere gli occhi per sempre.

ATTILIO Ma cosa sono questi ragionamenti? Non sarà mica per il fatto che il Re...

UMBERTO Ma quale Re? Ho altri pensieri per la testa... cose gravi... che mi tormentano giorno e notte.

(Umberto si siede a un tavolo e il barista gli va vicino restando in piedi e sedendosi solo in un secondo momento)

UMBERTO Caro Attilio, un pover'uomo lavora tutta la vita per far star bene la famiglia e per far studiare suo figlio... il figlio maschio! Si mette pure da parte qualcosa e poi, arrivato alla mia età, quando potrebbe iniziare a raccogliere i frutti di una vita...

ATTILIO Cade il regime!

UMBERTO (nervosamente) Ma quale regime? Il Re... il regime... pensate solo alla politica!

ATTILIO Calmati Umberto, so che ci tieni tanto...

UMBERTO Scusami... E' vero che m'è caduto il mondo addosso, ma per un altro Re... il Re di casa, quello su cui avevo contato di più, il bastone della mia vecchiaia... mio figlio!

(Umberto si alza dalla sedia e inizia a ricordare)

Quando è nato ero l'uomo più felice del mondo. Dopo la nascita di Elvira - non ti nascondo che mi aspettavo il maschio- l'anno dopo mia moglie restò incinta un'altra volta...

(alzando la voce) perché gli uomini della mia famiglia, da sette generazioni, sono stati tutti come i tori!

(continua a ricordare) Era l'anno d'oro, e quella brava donna di mia moglie, quando mi vestivo per andare alle adunate, restava incantata... senza fiato: (guardando davanti a sé estasiato) la camicia nera che profumava di bucato... il cinturone che ci appoggiavo i pollici col petto in fuori... gli stivaloni che luccicavano perché quella santa donna me li lucidava e ingrassava tutti i giorni... e prima di uscire di casa mi diceva sempre: quando sei bello, Umberto!

(Mentre ascoltava, il barista si lasciava andare ogni tanto a qualche cenno di assenso con il capo)

Aspettammo nove mesi e in cuor mio speravo sempre che nascesse il maschio. Pregavo ogni sera la Madonna: Madonna mia, fa' che dopo la femmina questa casa sia allietata da un rampollo... Ogni mese che passava vedevo la pancia di Marietta che cresceva a vista d'occhio.... Questo è sicuramente un maschio, Marie' - le dicevo - non vedi che bella pancia che hai? Marietta sapeva quando ci tenevo, e vedevo che era contenta per me...

(rivolgendosi al barista) Perché Attilio, per una madre non ha importanza che sia maschio o femmina... per una madre anche un figlio storpio è sempre un figlio... Non sei d'accordo?

ATTILIO Certo che sono d'accordo. Anche un figlio che assomiglia a un sorcio per la madre è il più bello di tutti.

UMBERTO Dopo aver partorito Elvira, Marietta ha iniziato a sferruzzare... sferruzzava dalla mattina alla sera: scarpette di lana, copertine, cappellini per il giorno e per la notte. Ma quando gli occhi mi si posavano su quella bella pancia, il cuore cominciava a battermi che non riuscivo a fermarlo. Già mi raffiguravo mio figlio, pensavo a quando lo avrei portato in piazza la domenica. A quando l'avrei chiamato: Benito! Benito, vieni con babbo, lasciamole a casa le donne... noi siamo uomini! (pausa) Eh sì, Attilio, avevo scelto anche il nome: Benito! Perché volevo che mi venisse forte come Lui!

ATTILIO Ognuno ha le sue idee e mi sembra giusto che con i figli propri faccia come crede.

UMBERTO Quando venne le doglie a Marietta e arrivò a casa la levatrice, stavo vicino al camino a fumare un sigaro. Tutto ad un tratto ho sentito come una voce dentro di me, che mi diceva: Umberto, stavolta Dio ti vuole fare un regalo, stai tranquillo che sta per nascere Benito.

ATTILIO Beh, quella voce aveva ragione, poi è nato Benito.

UMBERTO Quando l'ho visto con quella bella faccina rossa e quel pistolino in mezzo alle gambe... che gioia... ero un uomo felice!

ATTILIO Ti credo, Umberto, ti credo. Era nato il maschio a cui tenevi tanto...

UMBERTO (facendosi più triste) Ma ogni uomo ha la sua croce. Noi pensiamo sempre che le croci le devono portare gli altri, ma non è vero...

(abbassando lo sguardo) Non è vero... quel giorno pensavo che Dio mi aveva fatto un regalo, invece mi stava mettendo sulle spalle la mia croce, quella croce che ogni anno che passa diventa sempre più pesante. (pausa)

Infatti la felicità non è durata tanto. Quando Benito ha cominciato a crescere e giocava intorno a casa con gli altri bambini del vicinato, mi ero accorto che giocava di più con le bambine... e invece di far correre il cerchio come tutti i maschietti, lo vedevo tutto preso con le pentoline... (cambiando il tono della voce) «cosa cucinerò stasera?» - hai capito Attilio? Benito mio, che invece di correre dietro alle galline come gli altri bambini, diceva: «cosa cucinerò stasera?» (piccola pausa)

Me la prendevo con mia moglie, perché pensavo che la imitava come fanno i bambini, visto che stava sempre con lei. Un bel giorno ho preso Marietta in disparte e le ho detto: «da oggi in poi mi devi chiedere: cosa vuoi mangiare oggi?», perché anche tuo figlio deve capire una volta per tutte che è l'uomo che comanda.

ATTILIO Va bene, Umbe', però quando uno è bambino non stai a pensare come gioca... un gioco vale l'altro...

UMBERTO Come avrei voluto che fosse stato così... ma purtroppo, crescendo, sembrava che a mio figlio le donne... è come se le donne non gli interessassero. Mi avesse mai detto: babbo, mi dai qualche soldo per portare al cinematografo Ernestina o una ragazza qualsiasi? Niente! Pensava solo a studiare. Era il primo della classe... e infatti non me la sono sentita di farlo smettere per mandarlo a lavorare. E non ti nascondo che ho fatto i sacrifici neri...

ATTILIO Proprio neri!

UMBERTO Anche il maestro mi diceva: «Signor Bartolini, le consiglio di farlo studiare questo giovane... è un ragazzo intelligente, sveglio, sarebbe un vero peccato mandarlo a fare lavori manuali» (piccola pausa)

Anche il maestro, secondo me, me l'ha rovinato: fallo studiare... fallo studiare... ah, se l'avessi mandato a lavorare!

ATTILIO Beh, il maestro aveva ragione. Benito è sempre stato un ragazzo studioso... in paese, soltanto lui e il figlio di Oliviero hanno preso il diploma.

UMBERTO Il diploma... il diploma... che vuoi che me ne importi del diploma, quando tutto il paese mi prende in giro alle spalle e mi chiama: il padre di Benito la checca! A me, Umberto Bartolini, medaglia al merito di guerra... il padre di Benito la checca!

ATTILIO Purtroppo qui in paese le malelingue stanno sempre pronte a colpire...

(Umberto interrompe il barista)

UMBERTO Non essere ipocrita anche tu... non lo vedo che tutti mi evitano? Quando entro qui al Caffè, ci fosse mai un'anima che mi chiede se voglio fare una partita a carte... ci fosse un'anima...

ATTILIO (impacciato) Beh...

UMBERTO (a voce alta) E' che a nessuno piace avere a che fare col padre di un finocchio!

(abbassando la voce) Perché io lo so e anche tu lo sai, e anche il prete e tutto il paese lo sa che a Benito le donne... (si interrompe, poi prosegue a voce più bassa) Ma io che ci posso fare, mi devo forse ammazzare?

(sconsolato) C'ho pensato, che credi? Ho anche pensato di ammazzarmi... (alzando la voce) Ma perché mi devo ammazzare io che non c'ho colpa?... Perché non si ammazza lui?

ATTILIO (cercando di calmarlo) Ma che dici, Umberto, ma come ti viene in mente?

UMBERTO (si siede e si prende la testa tra le mani) Sono disperato, non so più che fare. Ho parlato anche con don Pietro... mi ha detto che Benito non è normale, che ha una malattia che proviene dal diavolo... che devo pregare... che dobbiamo pregare... io, Marietta ed Elvira...

ATTILIO Mi sembra strano che non ci sia un rimedio... hai provato a portarlo fuori? Perché non parli col medico? Se è una malattia, il medico saprà consigliarti una cura o indirizzarti verso uno specialista...

UMBERTO Ho pensato a un'altra cosa... diciamo pure... un ultimo tentativo. Voglio provare a parlare col maresciallo dei carabinieri... il maresciallo Caruso. E' una brava persona... Gli volevo dire se mi metteva una buona parola per far arruolare Benito nei carabinieri. Sono sicuro che la disciplina... hai visto mai che me lo raddrizzano?

ATTILIO E Benito è d'accordo?

UMBERTO (arrabbiato) A calci in culo ce lo mando!... A calci in culo!

ATTILIO (cercando di calmare Umberto) Calmati, Umberto, stai calmo. Il maresciallo Caruso, ogni sera, prima di rientrare a casa, si fa un giro per il paese e dopo passa sempre qui al Caffè per bere un bicchierino prima di andare a cena. Sai che facciamo? Io con una scusa salgo sopra a casa, così potete restare soli... Ormai sono quasi le otto, non dovrebbe tardare, passa sempre verso quest'ora... nel frattempo, ti offro qualcosa da bere.

(Il barista versa un bicchierino di liquore a Umberto, poi si affaccia sulla porta per cercare di scorgere il Maresciallo)

ATTILIO (il barista guarda fuori) Eccolo!Sta arrivando... allora siamo d'accordo: io con una scusa vado di sopra, così hai tutto il tempo per chiedergli se può aiutare Benito ad arruolarsi.

(Entra il Maresciallo Caruso)

MARESCIALLO Buonasera Attilio. Toh, chi si vede... che ci fai Umberto a quest'ora, tutto solo... Non hai fame?

ATTILIO Buonasera maresciallo. Vi servo il solito?

MARESCIALLO Sì Attilio, il solito.

ATTILIO Subito maresciallo.

(Mentre il barista va al bancone e versa il liquore nel bicchiere, il maresciallo si rivolge a Umberto)

MARESCIALLO Allora, Umberto, come andiamo?

UMBERTO Non tanto bene...

MARESCIALLO Perbacco! E come mai?

UMBERTO I pensieri, maresciallo... in questo periodo ho tanti pensieri per la testa, che mi tolgono l'appetito e non mi fanno chiudere occhio.

ATTILIO (portando al tavolo la consumazione) Ecco maresciallo, alla sua salute! 

(piccola pausa)

Se non ha altro da ordinare, io approfitterei per fare un salto di sopra, dato che ho dimenticato le chiavi della serranda...

MARESCIALLO (tirando fuori di tasca alcune monete) Intanto fammi saldare il conto, così non ci penso più.

(Il barista esce e il maresciallo inizia a sorseggiare il liquore)

MARESCIALLO Ah! Una delizia.

UMBERTO Maresciallo... io...

MARESCIALLO Che c'è Umberto?

UMBERTO Io non so se è il caso... ma... dovrei parlarle. Dovrei chiederle un grande favore.

MARESCIALLO Dimmi pure, Umberto, se posso aiutarti a ritrovare un po' di serenità...

UMBERTO (guardandosi intorno con circospezione) Si tratta di mio figlio... di Benito.

MARESCIALLO (gli va di traverso il liquore e inizia a tossire) Accidenti a questi intrugli...

(tossisce ancora per un po', si pulisce la bocca con un fazzoletto e poi si riprende)Allora, Umberto, volevi parlarmi di tuo figlio... dimmi pure.

UMBERTO Lei lo sa che mio figlio è un bravo giovane... ha studiato... è un ragazzo intelligente...

MARESCIALLO (annuendo con il capo) Certo Umberto, certo... tutti conosciamo i pregi e i difetti di tuo figlio.

UMBERTO Cioè?

MARESCIALLO Volevo soltanto dire che in un piccolo paese come il nostro tutti conoscono tutti. Non è così?

UMBERTO (senza rispondere al maresciallo e con aria sconsolata) Le dicevo... mio figlio è un bravo ragazzo... però...

MARESCIALLO Però?

UMBERTO Però... a forza di studiare... forse non si è addestrato bene alla scuola della vita, quella scuola che soltanto la strada ti insegna, soltanto la fatica dura ti può insegnare... 

(piccola pausa)

Lui invece legge sempre... e scrive poesie! Pensi, maresciallo, che se gli regalo qualche soldo, invece di andare al bar o al cinematografo, ci compra i libri, i giornali... e legge, legge, legge... perché leggerà così tanto non l'ho mai capito.

MARESCIALLO Si aggiorna, Umberto... si aggiorna.

UMBERTO Sì, maresciallo, ma io, come padre, vorrei anche che si svegliasse un po'... che imparasse a vivere...

MARESCIALLO E il favore che mi devi chiedere, quale sarebbe?

UMBERTO Ci stavo per arrivare... ci stavo per arrivare proprio adesso. Volevo dirle... che soltanto la bontà sua può aiutarmi a renderlo più uomo... più energico... degno del nome che porta!

MARESCIALLO Oh, buon Dio, e perché? Come potrei aiutarti? Forse mi stai sopravvalutando un po' troppo...

UMBERTO Ma no... è solo che avrei pensato che forse Benito potrebbe far domanda per arruolarsi nei carabinieri. Mi posso immaginare che la disciplina lo aiuterebbe sicuramente a diventare un vero uomo... E se lei ci mettesse una buona parola... sa come funzionano queste cose... e poi io l'ho sempre pensata come lei!

MARESCIALLO (infastidito da quest'ultima frase, si alza in piedi) Io non mi sono mai occupato di politica! Sono un semplice servitore dello Stato...

UMBERTO (cercando di calmarlo) Certo, maresciallo, certo...

MARESCIALLO Caro Umberto, ciò che mi chiedi non è facile. Benito è stato riformato alla visita di leva per motivi... (tossisce imbarazzato) diciamo... di salute, e non può assolutamente, per legge, essere arruolato in nessun corpo militare (piccola pausa)... E' la legge, Umberto, è la legge. Davanti alla legge ci dobbiamo inchinare.

UMBERTO Ma lei lo sa, maresciallo, che Benito mio non è malato... mica è tisico!... Benito mio è un uomo sano... anche sul congedo c'era scritto... uomo... uomo...

MARESCIALLO Omosessuale, Umberto... o-mo-ses-sua-le. E questa è più di una malattia.

(mettendo una mano sulla spalla ad Umberto in maniera quasi fraterna)

Umberto, anch'io sono padre, e mi devi credere se ti dico che comprendo perfettamente il tuo disappunto, la tua rabbia, ma con questa... malattia, il tuo Benito tutto può fare fuorché la carriera militare. 

(piccola pausa)

Capisco bene che per te, per qualsiasi genitore, è un brutto colpo, ma credimi, personalmente non posso esserti d'aiuto.

UMBERTO E che dovrei fare? Almeno mi dia un consiglio, lei che ne ha viste tante... dia un consiglio a un padre disperato che ancora non si dà pace per come gli sia capitato un figlio così.

MARESCIALLO L'unico consiglio che posso darti è... di stare attento, di tenere d'occhio tuo figlio... è l'unica cosa che posso dirti, e te lo dico con il cuore in mano, da padre come sono anch'io, ma anche da militare... tienilo d'occhio! (piccola pausa) Tienilo d'occhio...

(guardando l'orologio) Accidenti, si è fatto tardi, io devo scappare, altrimenti mia moglie sarà in pensiero. Lo aspetti tu Attilio? Penso che non sia il caso di lasciare il Caffè incustodito... con i tempi che corrono... hai sentito di quei delinquenti che hanno rubato a casa di Antonio Mazzoni? Ma dove andremo a finire!

(il maresciallo si dirige verso la porta)

Buonasera Umberto, e... mi raccomando, fai tesoro del mio consiglio... tieni d'occhio tuo figlio. Arrivederci Umberto. Salutami Attilio, quando torna.

(Umberto resta solo e si accascia sconsolato sulla sedia. Inizia il monologo che chiude il primo atto)

UMBERTO Tienilo d'occhio... tienilo d'occhio... come vuoi che lo tenga d'occhio questo figlio? Questo sciagurato!

(rivolgendosi al crocifisso)

Perché proprio a me, Signore? Cosa ti ho fatto? Perché proprio a me hai mandato questa disgrazia? Sono la vergogna del paese... Perché quando è nato, quando ha aperto gli occhi per la prima volta, non te lo sei ripreso subito? Così almeno non faceva del male a nessuno. Non faceva del male a quella povera madre che soffre a sentire tutte le maldicenze... e non faceva soffrire me... perché io non ce la faccio più, Signore mio, non ce la faccio proprio più... Sono arrivato al punto di vergognarmi a camminare per strada... E invece quel disgraziato: (imitando il figlio) «babbo, tu non puoi capirmi»... che gli venisse un colpo! Lo so io quello che devo capire... la vergogna, capisco! Lo smacco per la mia famiglia...

(con la testa tra le mani) Che potesse morire!... Che potesse morire!

SIPARIO



ATTO SECONDO


Si apre nella cucina della casa di Umberto.

Benito, Elvira e Marietta stanno aspettando il rientro di Umberto per mettersi a cena.

Marietta sta cucinando, Elvira sta ricamando e Benito sta leggendo il giornale.

ELVIRA (rivolgendosi al fratello) Che stai leggendo?

BENITO Sto leggendo un articolo che parla del referendum del prossimo 2 giugno.

ELVIRA E che dice?

BENITO Dice che dopo il referendum e l'elezione dell'Assemblea Costituente verrà scritta la Costituzione, e da quel momento noi non saremo più sudditi ma veri e propri cittadini, perché repubblica vuol dire democrazia e democrazia vuol dire potere del popolo... Hai capito, Elvira? Si aprirà una nuova era...

MARIETTA Fossero sante le tue parole. Non vorrei che questo... come hai detto?

BENITO Potere del popolo?

MARIETTA Sì, proprio lui. Non vorrei che fosse un'altra fregatura.

BENITO Ma no, mamma... democrazia significa che anche tu, come Elvira e come tutte le altre donne, prenderete parte alla vita politica italiana... Innanzitutto con il diritto al voto, e non è una cosa da poco. Avete cominciato a votare con le Amministrative... adesso ci sarà il Referendum e la Costituente, e poi andremo sempre a votare... finalmente potremo scegliere.

ELVIRA E' stato bello! Ero emozionata nel mettere quella croce sulla scheda, mi sentivo osservata...

MARIETTA A chi lo dici... mi tremavano le gambe.

BENITO Il 2 giugno dovrete metterne due di croci.

ELVIRA Peccato che si vota lo stesso giorno... potevamo fare due uscite... non è vero mamma?

MARIETTA Tuo padre non lo sa, ma per l'occasione ci siamo cucite due vestitini tanto carucci... e non sa neanche che abbiamo votato quello che ci hai detto tu, non quello che ci diceva lui... se lo sapesse...

(All'improvviso si sente entrare qualcuno. E' Nunziatina, la vicina di casa)

NUNZIATINA E' permesso? C'era la porta aperta...

MARIETTA Vieni Nunziatina.

NUNZIATINA Ciao Benito, ciao Elvira. Sempre a ricamare... ha proprio le mani d'oro questa figlia tua... Mi devi scusare, Marietta, sono venuta per chiederti un rametto di rosmarino... l'ho finito e devo cuocere un pollo.

MARIETTA Adesso vedo, un po' dovrei averne.

(In quel preciso momento entra Umberto tutto trafelato)

NUNZIATINA Ciao Umberto. Mi devi scusare se sono venuta a quest'ora, ma ho finito il rosmarino e...

UMBERTO Ma che dici, Nunziatina... (guardando Benito) Qui se c'è qualcuno che scoccia non sei tu, ma qualcun'altro.

NUNZIATINA Cosa c'hai, Umbe', ti gira storto?

UMBERTO (guardando ancora Benito) E' da un pezzo che mi gira storto... e non certo per colpa mia.

(Marietta porge un rametto di rosmarino a Nunziatina)

MARIETTA Hosolo questo, Nunziati'. Ti basta?

(Nunziatina fa un gesto a Marietta per dirle di far presto, in quanto spaventata dalla reazione incomprensibile ed inaspettata di Umberto)

NUNZIATINA Grazie Marietta, mi basta, mi basta... Scusate il disturbo. Buonasera Umberto... ciao ragazzi.

(Nunziatina esce salutata dalla famiglia)

MARIETTA Dove sei stato? E' un'ora che ti stiamo aspettando.

UMBERTO Dove sono stato? A cercare di raddrizzare un figlio nato storto.

BENITO Ce l'hai con me, per caso?

UMBERTO (andando su tutte le furie e sbattendo il pugno sul tavolo) Sì! Certo che ce l'ho con te! Ce l'ho con la vergogna che hai dato a questa famiglia.

BENITO Senti babbo...

UMBERTO Stai zitto! Almeno stai zitto. Se ti vedesse la buonanima di tuo nonno... dodici figli con tre mogli diverse... senza contare due anni di prigionia... ti mangerebbe vivo!... A casa nostra i finocchi non li volevamo neanche sull'insalata, figuriamoci a casa.

MARIETTA (andando verso Umberto) Umberto...

UMBERTO Zitta Marietta! Non ti ci mettere anche tu, che a forza di difenderlo l'hai fatto diventare una signorina... (con tono ironico) Gli hai fatto anche il corredo? Se non gliel'hai fatto, sbrigati, potrebbe sempre trovare marito, si potrebbe sposare e potrebbe anche rimanere incinto... Che vergogna!... Che vergogna!

BENITO Babbo, adesso stai esagerando. Non ti permetto...

UMBERTO (con aria canzonatoria) Ah sì? Pensi che stia esagerando? Ma come parli? Ma da dove sei uscito tu? Che c'era scritto su quei libri?

BENITO Ma cosa c'entrano i libri? La cultura di un uomo è un conto e la sua natura è un altro...

UMBERTO Un uomo?... Un uomo?... Ma quale uomo? Ma non ti sei guardato? Non le vedi le facce della gente quando passi per strada?

BENITO A me della gente non mi interessa più di tanto...

UMBERTO A me sì! (puntandogli il dito contro) E tu non hai diritto di sputtanare me e tutta la mia famiglia. Ti devi vergognare del cognome che porti... (abbassando il tono della voce) e anche del nome.

(con tono rassegnato) E io che t'avevo messo nome Benito perché sognavo un figlio sano e forte...

BENITO Ma io sono sano... e poi... sei tu che mi hai concepito.

UMBERTO Stai a guardare che adesso la colpa è mia. Avete capito? Se un padre si ritrova un figlio così, un mezzo uomo, la colpa è del padre e della madre... Elvira, è pure colpa tua... Perché sei nata femmina e tuo fratello maschio? Come ti sei permessa? (rivolgendosi al figlio) Sei la vergogna della casa, e sai che ti dico? Che se il Padreterno ti si riprende non fa un soldo di danno... A cosa servi tu? Che ci fa l'Italia di uno come te?

MARIETTA (va ad abbracciare il figlio) Umberto! Queste cose non le devi dire, mi fanno brutto... Questo è mio figlio!

UMBERTO (verso la moglie) Tu non ti immischiare! Stai da donna e non mettere bocca su queste cose, che io so quello che dico. Tu tante cose non le sai, e neanche questo svergognato le sa... (pausa) Ho parlato con il maresciallo Caruso... gli ho chiesto di mettere una buona parola per arruolare questo (indicando Benito con sprezzo) nei carabinieri...

BENITO Ma io non voglio...

UMBERTO (con violenza) Zitto!

MARIETTA Elvira, vai in camera tua...

(Elvira esce obbedendo alla madre)

UMBERTO Gli ho detto se ci poteva essere la possibilità di farlo arruolare nell'Arma per farlo diventare più uomo...

MARIETTA (quasi piangente) E che t'ha risposto?

UMBERTO Che m'ha risposto? (sconsolato) Che devo tenerlo d'occhio.

MARIETTA Che voleva dire?

UMBERTO Voleva dire... (alzando la voce) Che un finocchio non può fare il carabiniere!

BENITO Io non voglio fare il carabiniere! Voglio vivere la mia vita come meglio credo. Io non do fastidio a nessuno, e se la gente del paese non ha altro da fare, e Dio sa se avrebbe altro a cui pensare, soprattutto in questo momento, non posso farci niente. Non ho paura di mostrarmi come sono realmente, non ho nulla da nascondere...

UMBERTO Sei proprio uno sfacciato... (fa per prendere un piatto per tirarlo a Benito)

MARIETTA (fermando la mano di Umberto) Fermati Umberto! Madonna mia santa! Mettici tu le mani.

UMBERTO (scaraventando Marietta a terra) Ce le metto io le mani... lo ammazzo con le mie mani!

BENITO Molti altri qui in paese dovrebbero vergognarsi... uomini che tradiscono le mogli e che frequentano certi posti... o brave persone che sfruttano il mercato nero per arricchirsi alle spalle della povera gente... che ti credi che non le so queste cose? E poi la domenica tutti in chiesa... E loro non dovrebbero vergognarsi?

UMBERTO Marietta, portamelo via altrimenti lo ammazzo... portamelo via! (Sbatte con violenza il piatto per terra ed esce di casa sbattendo la porta)

MARIETTA (rivolgendosi al crocifisso) Madonna santa! Ma che t'ha fatto questa povera famiglia? Che ho fatto di male per meritarmi questo?

(Marietta si accascia su una sedia e scoppia a piangere. Benito le va vicino e cerca di consolarla)

BENITO Mamma... (porgendole un fazzoletto) su, asciugati gli occhi.

(rientra Elvira)

ELVIRA Ma che è successo? Mamma, perché piangi? 

(Rivolgendosi al fratello) Perché mamma piange?... E' stato babbo?

BENITO No, Elvira, babbo non c'entra. E' colpa mia... è tutta colpa mia. Accompagnala a darsi una rinfrescata al viso... per colpa mia non avete neppure cenato.

(Elvira e Marietta escono e Benito resta solo. Nel frattempo Benito beve un sorso d'acqua e si mette a leggere il giornale distrattamente e nervosamente. Dopo qualche minuto rientra Elvira)

BENITO Mamma dov'è?

ELVIRA Si è distesa sul letto.

BENITO Sta male?

ELVIRA No, no, solo un po' di mal di testa... allora le ho detto di distendersi... speriamo che passi.

BENITO Povera mamma...quante pene per colpa mia...

ELVIRA Ma no, Benito, che dici? (pausa) Io... prima, quando stavo di là con mamma, stavo ripensando a quello che dicevi sulle votazioni...

BENITO (guardandola con aria interrogativa) Non capisco... spiegati meglio.

ELVIRA Ho capito che adesso ci sarà più libertà e dopo le votazioni ce ne sarà ancora di più... Ma credi che io starò meglio di te? Io ti voglio bene, sei mio fratello... sapessi quante volte piango di notte... mi consumo gli occhi a forza di pensare a te e a tutte le linguacce che c'hai addosso... ma dopo aver pianto, penso che anche a me la vita non mi darà niente di buono. E allora mi chiedo: che devo fare? Quale sarà il mio futuro?... Quando mi faccio queste domande ricomincio a piangere, perché il mio futuro sarà quello di sposarmi con un uomo che non amo, che ha chiesto a babbo la mia mano...

BENITO (voltandosi verso Elvira) Non ami Gaetano?

ELVIRA Ma che ne sai?... Gaetano ha detto a nostro padre che mi voleva come moglie e nostro padre non m'ha neanche chiesto se io lo volevo come marito... (imitando il padre) «E' un bravo ragazzo... è di buona famiglia...»... Senza chiedermi cosa ne pensavo io...

BENITO Credevo che ti piacesse... sì, insomma, che ne fossi in qualche modo innamorata...

ELVIRA Adesso che sai la verità, che io di quello non sono per niente innamorata, puoi immaginare che futuro posso avere: quello di sposarmi, di sottostare a un uomo che non amo, di lavare, stirare, cucinare, mettere al mondo tre o quattro figli e lavorare il doppio, il triplo, il quadruplo...

BENITO Ti devi ribellare!

ELVIRA Ti sembra facile? Ti sembra uno scherzo affrontare nostro padre?... Perché nostro padre è buono e caro, ma è di un'ignoranza...

BENITO E' assurdo!

ELVIRA Io non sono una donna coraggiosa... ho paura...

BENITO Mamma lo sa?

ELVIRA Lo sa, lo sa...ci facciamo certi pianti... Che credi, quando babbo ti assale io non vorrei difenderti? Ma non ci riesco, mi manca il coraggio.

BENITOMa almeno per te...

ELVIRA Io sono una donna, Benito, e una donna non si può permettere tante cose... deve subire e basta!

BENITO Ma questo avveniva nell'Ottocento! Queste cose oggi sono assurde...

ELVIRA Eppure succedono... pensi che dall'Ottocento a oggi siamo andati tanto avanti? Forse per certe cose, ma per tante altre... siamo rimasti tali e quali.

(All'improvviso si sente bussare alla porta di casa)

ELVIRA Vai ad aprire tu? Io vado a vedere come sta mamma... (rivolgendosi al fratello) Ah, Benito, mi raccomando, io non t'ho detto nulla... mi raccomando.

(Benito si dirige verso la porta per aprire)

BENITO Chi è?

(Senza attendere la risposta, Benito apre la porta e vede don Pietro, il parroco del paese)

DON PIETRO Ciao, figliolo.

BENITO (con tono freddo) Buonasera, don Pietro.

(Il sacerdote si guarda intorno e resta allibito dal fatto che non ci sia nessuno)

DON PIETRO Come mai sei solo, figliolo?

BENITO (sempre con tono freddo) Mia madre è di là insieme ad Elvira.

(Mentre pronuncia queste parole, Marietta ed Elvira rientrano in cucina)

ELVIRA Buonasera don Pietro. A che dobbiamo questa visita?

DON PIETRO Buonasera figliole. Sono stato chiamato dai figli del povero Armandino...

MARIETTA (con aria curiosa) Perché... è morto?

DON PIETRO No, non ancora... anche se penso che purtroppo non gli sia rimasto molto. I figli mi hanno chiamato urgentemente perché ormai non respira quasi più, e saggiamente hanno voluto che prima di morire ricevesse l'ultimo sacramento.

MARIETTA Povero Armandino... era tanto buono. Hai cenato, Don Pietro? Accomodati.

DON PIETRO Ti ringrazio, Marietta, non ho ancora cenato ma non credo che stasera cenerò. Ormai è tardi, e quando passa una certa ora perdo l'appetito... Ma ditemi un po', che gli è successo a Umberto?

MARIETTA Perché?

DON PIETRO Mentre andavo dal povero Armandino, l'ho visto tutto trafelato e con una faccia rossa che sembrava un pomodoro maturo.

MARIETTA Altro che pomodoro, era proprio imbestialito... Non ha neanche fatto cena!

DON PIETRO E come mai? C'è per caso qualcosa che non va?

(Marietta fa una smorfia di disappunto)

BENITO In questa casa è andato sempre tutto bene. I problemi sono nati con la mia nascita. Il 18 febbraio del 1924 in questa casa non è nato Benito, sono nati i problemi, anzi, il problema. Si voleva un uomo, e invece chi è venuto alla luce? Un mezzo uomo, un essere immondo di cui vergognarsi, uno che non è in grazia di Dio e non lo sarà mai.

DON PIETRO (facendosi il segno della croce) Ma che dici, figliolo, tu stai bestemmiando...

BENITO Ah, sto bestemmiando? Ti sei mai chiesto come mai mio padre si vergogna di andare in giro per strada o ad entrare al Caffè per una partita con gli amici? Se non te lo sei mai domandato, cosa che ritengo molto improbabile, domandatelo, che ti do subito la risposta...

(alzando la voce) Perché si vergogna! Si vergogna di avere un figlio come me. La sua onorabilità non può reggere alle chiacchiere del paese, al giudizio della gente...

DON PIETRO Nolite iudicare ut non iudicemini... Non giudicate affinché non siate giudicati.

BENITO Ma loro giudicano! Perché io sono il peccatore, la mela marcia, colui che sporca l'onorabilità del paese...

DON PIETRO Qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat... Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra.

MARIETTA A me non sembra, don Pietro, di vedervolare tanti sassi per il paese...

DON PIETRO (facendo finta di non sentire, si rivolge ad Elvira) A proposito, a quando il tuo matrimonio?

ELVIRA Che fretta c'è? Mica scappiamo...

DON PIETRO Il peccato, Elvira, il peccato... Quella brutta bestia è sempre in agguato... prima vi sposate e meglio è! Quando due giovani si vogliono bene e rimangono a lungo fidanzati... sai, la carne è debole... e poi evitiamo le chiacchiere della gente.

BENITO La gente, la gente... non ha altro a cui pensare la gente? Non è più importante il giudizio di Dio che quello della gente?

DON PIETROFigliolo... Sacra populi lingua est... Sacra è la voce del popolo... perché vox populi, vox dei... La voce del popolo è la voce di Dio.

ELVIRA Va bene, don Pietro, prima o poi lo faremo questo matrimonio...

MARIETTA Don Pietro, io sono stanca, mica ti offendi se vado a dormire? Oggi è stata una giornata pesante.

(rivolgendosi alla figlia) Tu che fai Elvira?

ELVIRA Vengo anch'io, mamma... Benito, offri qualcosa a don Pietro.

DON PIETRO No, no, adesso vado anch'io, sono abbastanza stanco e mi è passato l'appetito... anche per me è stata una giornata piuttosto faticosa.

MARIETTA Ma no, stai pure, non far caso a noi due... c'è Benito a tenerti compagnia. Buonanotte, don Pietro, e... grazie della visita. Sono proprio stanca.

DON PIETRO Buonanotte figliole... che la pace sia con voi.

(Marietta ed Elvira si congedano. Benito e don Pietro restano soli)

BENITO La pace sia con voi... Quanto mi fai ridere, don Pietro. La pace sia con voi...

DON PIETRO Non sapevo che, oltre a non venire mai in chiesa, ti facessero ridere anche le parole sante della chiesa... (breve pausa)

Ricordati Benito... io non giudico nessuno, solo il Signore ha il potere di giudicare, ma è mio dovere dirti che extra ecclesiam nulla salus... e cioè che non c'è salvezza fuori dalla chiesa.

BENITO Ma che hai capito? Volevo soltanto dire che queste due povere donne della pace non sentono neanche l'odore.

DON PIETRO Tua madre e tua sorella sono due brave figlie devote, vengono ogni domenica ad assistere alla celebrazione della Santa Messa, si confessano, fanno la comunione...

BENITO Ah, si confessano...

DON PIETRO Diamine!

BENITO E allora dovresti sapere che tutto hanno fuorché la pace.

DON PIETRO Figliolo, la presunzione è cattiva consigliera...

BENITO Anche i matrimoni senza amore...

DON PIETRO Ma che dici, figlio mio, stai perdendo la testa.

BENITO (con veemenza) No, caro don Pietro, sono lucido, ma non sopporto l'ipocrisia di tutta quella gente che affolla la tua chiesa la domenica mattina e che recita il mea culpa... e l'ipocrisia di mio padre, che è consapevole del fatto che Elvira non è per niente innamorata di Gaetano...

DON PIETRO Ma Gaetano è un bravo ragazzo...

BENITO A parte il fatto che ha quindici anni più di mia sorella, e non parlerei quindi di ragazzo...

DON PIETRO Figliolo, ma cosa vuoi che conti l'età... Gaetano è di buona famiglia, una famiglia timorata di Dio, osservante, e poi... perché no? E' anche una famiglia abbiente che ogni tanto fa la carità alla chiesa, senza egoismo e con molta generosità cristiana.

BENITO E la volontà di Elvira non conta nulla?

DON PIETRO Ma figliolo, non mi sembra che tua sorella abbia delle riserve...

BENITO Elvira ha paura! Paura di nostro padre, paura della gente...

DON PIETRO Amorosus semper est timorosus... Chi ama ha sempre paura. E poi dovresti smetterla con il tuo atteggiamento di ribellione che potrebbe contagiare anche tua sorella... Io credo invece che tu, figliolo, dovresti avere un po' più di paura...

BENITO Della gente?

DON PIETRO Certo che no!

BENITO E allora di chi dovrei aver paura?

DON PIETRO Ma di Dio, figliolo, di Dio. Dio ha creato l'uomo e la donna, e ad ognuno ha dato delle caratteristiche proprie. All'uomo e alla donna ha detto: andate e moltiplicatevi!

BENITO Nel mio caso, allora, Dio ha commesso un errore...

DON PIETRO (facendosi il segno della croce) Ma che dici, figlio mio, adesso affermi anche che nostro Signore è imperfetto?

BENITO Allora dammi tu una spiegazione che possa essere esauriente.

DON PIETRO La buona volontà, Benito, la buona volontà. Beati gli uomini di buona volontà. Ti devi sforzare di essere come tutti gli altri...

BENITO Ma io sono così. La mia unica colpa è che ho il coraggio di affrontarli, gli altri...

DON PIETRO Lo so, Benito, ma pensa a tuo padre, alla tua famiglia... a te. Avrai una vita dura... ti sarà difficile, per non dire impossibile, trovare un lavoro...

BENITO Che cosa dovrei fare, allora? Scappare? Andare dall'altra faccia della terra? Oppure... perché no? UCCIDERMI. Sopprimere lo scandalo. Sarebbe la giusta soluzione... per me, per mio padre, per la gente e per la chiesa: per sopprimere il peccato, si sopprime il peccatore.

DON PIETRO (facendosi il segno della croce) Ma che stai dicendo, figliolo? Basterebbe che tu fossi... come dire? Che tu fossi normale... che ti comportassi come tutti gli altri giovani della tua età...

BENITO (arrabbiato) Certo, per voi preti l'importante è fare finta di essere normali. Eh sì, quanti di voi hanno scelto il sacerdozio per vocazione e quanti invece sono entrati in seminario per comodo? C'è la guerra? E allora perché non fare finta di avere la vocazione? Si sta caldi, ci si sfama... l'importante è fare finta... fare finta di essere, fare finta di affrontare la vita...

DON PIETRO Adesso basta! Non ti permetto...

BENITO (puntando il dito verso il prete) Ma chi sei tu per permettermi o no di parlare, di essere ciò che sono? Di essere me stesso?

DON PIETRO Io sono solo un mezzo, sarà il Signore a giudicarti.

BENITO Ma intanto ogni persona, buona o cattiva che sia, si erge a mio giudice. Persone normali all'apparenza, ma che avrebbero di che confessarsi... Oh, se ne avrebbero!

DON PIETRO Figliolo...

BENITO E anche tu, chissà come saresti felice se tutto ad un tratto venissi a sapere che Benito Bartolini ha deciso all'improvviso di essere normale... ha deciso di fare finta di essere come tutti gli altri. Al Caffè si direbbe: lo sapete che ho visto il figlio di Umberto davanti ad una prosperosa signorina pagare dieci lire d'amore? Sì, ve lo giuro, l'ho visto io stesso, con i miei occhi, sabato scorso, quando ho lasciato a casa mia moglie e i miei figli normali per sfogare altrove la mia normalità...

DON PIETRO (turbato) Adesso basta, Benito, sarà il Signore a giudicarti...

(fa per uscire di casa, apre la porta, si gira verso Benito) Soltanto il Signore potrà giudicarti, e davanti a lui non conteranno le belle parole, conterà la sostanza. Il Signore ti giudicherà per la sostanza, Benito, ricordalo. Buonanotte figliolo.

SIPARIO



ATTO TERZO


La scena si apre nel Caffè del paese.

Alcuni uomini stanno giocando a carte e il barista sta canticchiando una canzone che stanno dando alla radio.

ATTILIO Il Trio Lescano è sempre il Trio Lescano... (continua a canticchiare)

GIOVANNI Certo che le donne stanno prendendo sempre più piede... se continua così... dove andremo a finire?

VINCENZO Perché ancora non l'hai chiamato, e ti auguro di non farlo mai, il nuovo medico del paese...

GIOVANNI Perché?

(Il barista ride e gli uomini lo imitano)

PEPPINO Viene da fuori. Ha preso in affitto la casa di Bruno lo zoppo.

GIOVANNI Insomma...questo nuovo medico cos'ha di tanto particolare, visto che vi fa tanto ridere?

ATTILIO E' una donna! Vorrei tanto esserci quando andrai a visitarti...

GIOVANNI Una donna? Ma dove andremo a finire! E chi ci va a visitarsi?... Sapete cosa vi dico? Sarà stato pure quello che volete, però con Mussolini queste cose non succedevano. (piccola pausa) Che si deve sentire... (scuotendo la testa) Una donna che fa il dottore!

VITTORIO Spegni un po' quella radio, Attilio... sarà pure bravo il Trio Lescano, ma sto diventando sordo...

ATTILIO La tengo accesaperché fra poco dovrebbero trasmettere i risultati del referendum.

PEPPINO Anch'io sono curioso di sapere com'è andata, anche perché c'è chi la dice cotta e chi la dice cruda...

(Entrano nel Caffè don Pietro e Gaetano, che stanno parlando fra di loro)

DON PIETRO (parlando con Gaetano) Allora, credo che ormai sia giunto il momento di fissare questa benedetta data. (saluta gli uomini, che lo ricambiano).

ATTILIO Don Pietro, come mai da queste parti? Ha preso anche a te la malattia della briscola?

DON PIETRO No, Attilio, stavo rincasando, quando ho incontrato Gaetano e ci siamo messi a parlare del suo futuro matrimonio con Elvira Bartolini. Gli stavo appunto dicendo che ormai sarebbe giunto il momento di fissare la data... cosa vogliamo aspettare?

PEPPINO E certo, Gaetano, che aspettate? Passata l'estate, ti sposi quella bella figlia così metterete al mondo tre o quattro bambini... Vedrai come sarà contento Umberto...

GAETANO Tu parli bene... ma a me sembra... come posso dire?... come dicevo a don Pietro... mi sembra che ultimamente Elvira sia un po' strana. Quando la domenica la invito ad uscire per fare una passeggiata in piazza o per andare al cinematografo, prende sempre delle scuse... O deve finire di ricamare un lenzuolo, o deve aiutare sua madre a cucire i materassi, oppure ha mal di testa... ci fosse una volta che non ha qualcosa da fare...

DON PIETRO Ma no, figlio mio, tu le donne non le conosci...

ATTILIO Se è per questo, neanche tudovresti conoscerle...

DON PIETRO Infatti non le conosco nel senso che pensi tu. Io le conosco come anime... quante ne avrò confessate? E posso dirti, caro Gaetano, che io so per certo che è l'esatto contrario di quello che pensi. Quella brava giovane non te lo dimostra perché è una ragazza timida, all'antica, una ragazza timorata di Dio... Ce ne fossero di giovani così! Cosa può volere una giovane meglio di Gaetano?

GIOVANNI E poi, senza offesa, non è neanche tutta questa bellezza...

GAETANO (risentito) Che vorresti dire? Che Elvira è brutta?

DON PIETRO Ma no... lui voleva dire, dicendolo a modo suo, quello che ho detto io poco fa... In effetti, che cosa può pretendere meglio di te? E poi dategli finalmente una gioia a quei poveri genitori, dopo quella tremenda disgrazia... (si fa il segno della croce) Mica si può portare tutto alle calende greche...

GAETANO (dispiaciuto) Quanto m'è dispiaciuto accompagnare al cimitero quel povero ragazzo... non lo hanno nemmeno portato in chiesa... gettato in quella fossa come uno straccio.

DON PIETRO (imbarazzato) Beh, non ci pensiamo più. Ora pensiamo al vostro matrimonio... al vostro futuro!

PEPPINO Che scena... sono stato il primo a vederlo... e prima di correre dal maresciallo ho chiamato Vittorio... dovevate vedere che scena...

VITTORIO Mamma mia, non voglio nemmeno ripensarci... vedere quel povero ragazzo appeso a quella quercia con la corda che gli stringeva il collo... gli occhi sbarrati... povero Benito!

DON PIETRO Su, figlioli, non rattristatemi...

GAETANO A Elvira e Marietta non gliel'hanno fatto neanche vedere per evitare che si sentissero male (pausa). Tutto avrei immaginato meno che Benito facesse quella fine... che coraggio!

DON PIETRO Il coraggio della disperazione...

PEPPINO (rivolgendosi a don Pietro) Proprio non si poteva dire una Messa prima di seppellirlo?

DON PIETRO Purtroppo no. O meglio, se fosse dipeso da me, avrei anche voluto celebrare la funzione... ma ci sono le leggi della Chiesa che parlano chiaro: un suicida non muore in grazia di Dio. Nostro Signore ci ha dato la vita e soltanto Lui ha il potere di togliercela... Quel povero figlio ha commesso un atto ripudiato dalla Chiesa, contro la legge di Cristo, e pertanto è lui stesso che si è pregiudicato l'ultimo ingresso nella casa del Signore.

VITTORIO Non vorrei sembrare cattivo, don Pietro, però... per certi versi è stata come una liberazione per quel ragazzo...

VINCENZO Anche per la famiglia...

DON PIETRO Quando una persona muore, specialmente nelle circostanze in cui è morto il povero Benito, è sempre una cosa triste, che ci lascia in silenzio, nella meditazione. Però è anche vero che Benito soffriva... più volte ho avuto modo di appurarlo personalmente... sapete, figlioli, certe malattie fanno soffrire molto... soprattutto nell'anima.

PEPPINO Hai parlato con Umberto?

GAETANO Se don Pietro ha parlato con Umberto non lo so... so solo che Elvira piange dalla mattina alla sera... piange sempre... non vorrei che si mettesse a piangere anche sull'altare...

DON PIETRO Sì, ho già parlato con Umberto. Quell'uomo è una persona intelligente e sensibile. Però ho capito che doveva essere consolato di più quando suo figlio era in vita... Vi sembrerà strano ma purtroppo è così. Questo tipo di malattie avrebbero potuto contagiare altri... anche i vostri figli! E poi, figlioli miei, mettiamoci nelle mani del Signore. Tutti noi dovremmo metterci nelle mani di Dio, e se Dio ha voluto così, bisogna rispettare la sua volontà.

ATTILIO Sapete che vi dico?Basta con questi discorsi tristi, non sappiamo neanche dove andremo a finire e ci logoriamo pensando alla morte. Tu, Gaetano, sposati, così dai un po' di sollievo a quella famiglia, che di disgrazie ne ha avute fin troppe...

(Entra nel Caffè Umberto e tutti restano per un istante in silenzio)

ATTILIO Buonasera Umberto, ti posso offrire un bicchiere di vino?

VITTORIO Prima dacci le carte, Attilio... Umberto, siediti con noi, vieni a fare una partita.

GAETANO (rivolgendosi a Umberto timidamente) Scusami, Umberto, ti volevo chiedere... Elvira è a casa?

UMBERTO Certo. E' a casa a piangere... piange sempre quella povera figlia mia.

GAETANO Se vado a trovarla le darò fastidio?

UMBERTO No, non credo... l'ho lasciata che stava rigovernando la cucina... con una mano puliva e con quell'altra teneva il fazzoletto e si asciugava gli occhi... povera Elvira, se li sarà consumati...

DON PIETRO (rivolgendosi a Gaetano) Ma che dici, figliolo, certo che non le darai fastidio... anzi, le farà piacere vederti. Dico bene, Umberto? Su, vai a trovarla, che cosa aspetti?

GAETANO Ci penserò io a consolarla. E' ora che smetta di piangere, abbiamo la vita davanti... dovrebbe ridere, altro che piangere... Io vado... buonasera a tutti.

(rivolgendosi a don Pietro) Nei prossimi giorni ti farò sapere la data precisa delle nozze. Voglio fare una festa così grande che tutto il paese ne deve parlare... Buonasera Umberto, buonasera a tutti... ciao Attilio.

(Gaetano esce dal Caffè)

PEPPINO Dai Umberto, ti stiamo aspettando. Ce la vogliamo fare questa briscola?

DON PIETRO Peppino ha ragione. Su, vatti a fare una partita a carte e giocati una santa bevuta in onore del futuro matrimonio di tua figlia.

(Umberto si mette a giocare a carte con gli amici. Mentre giocano la radio trasmette un notiziario. Le luci della scena iniziano lentamente e progressivamente ad abbassarsi per tutto il tempo del notiziario, fino a ridurre i presenti ad ombre indistinte e spersonalizzate)

RADIO Dopo che il 2 giugno, oltre 24 milioni di italiani, donne comprese, si sono presentati alle urne per decidere sulla forma di Stato da adottare e per scegliere i membri dell'Assemblea Costituente, e dopo una campagna elettorale densa di colpi di scena ed un'attesa spasmodica che, di ora in ora, si è trasformata in tensione crescente, con gli occhi di tutta Italia puntati sul Viminale dove giungevano i dati delle varie Prefetture, questa mattina, nella sala della Lupa di Montecitorio, il Presidente della Corte di Cassazione - Giuseppe Pagano - ha comunicato i risultati ufficiali del referendum popolare. La Repubblica ha vinto il referendum con 12.672.767 voti, contro i 10.688.905 della Monarchia.

Il Presidente della Corte di Cassazione, dopo la lettura dei risultati, ha dichiarato che la Corte emetterà in altra adunanza il giudizio definitivo sulle contestazioni ed i reclami. Oggi stesso, il Presidente del Consiglio - De Gasperi - si recherà al Quirinale per comunicare al Re i risultati ufficiali del referendum e decidere sul passaggio dei poteri. Grande è stata la soddisfazione tra i partiti che sostenevano la Repubblica. Dopo 85 anni di Monarchia, da oggi una nuova era si apre per gli italiani: un'era di rinascita e di speranza.

SIPARIO


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