Pausa Caffè
con Maurizio Minnucci
Al bar dell'immaginazione
Stamattina, mentre sorseggiavo il caffè, ho pensato a quanti artisti il caffè ha ispirato qualcosa o lo hanno utilizzato per dire qualcosa, nella musica, nel cinema e nel teatro. E mi sono divertito a costruire un piccolo bar dell'immaginazione.
Pino Daniele cantava «'Na tazzulella 'e cafè, acconcia 'a vocca a chi nun vo'sapè». Nel film "La banda degli onesti" Totò utilizzò la metafora dello zucchero versato in quantità debordante nel suo caffè mentre quello di Peppino De Filippo restava amaro, per rappresentare l'avidità. Luciano De Crescenzo diceva: «Consiglio di girare quanto più possibile non solo il caffè ma tutte le cose che si amano. Del resto, il caffè è una cosa seria come l'amore». Qualcuno ricorderà la canzone di Riccardo Del Turco: «Ma cosa hai messo nel caffè / che ho bevuto su da te?» Una canzonetta che diventò realtà quando qualcuno mise il cianuro nel caffè di Sindona, ma questa è un'altra storia.
Tutti ricordiamo il tempo dei thermos e quella poesia nelle notti di viaggio su quei treni rumorosi, dove l'aroma del caffè si mischiava al tanfo degli scompartimenti. «Prendiamoci un caffè» è la formula con cui s'imbastisce un'amicizia, un affare, un chiarimento o una riappacificazione.
Il caffè del mattino bevuto in un albergo dove siamo arrivati la sera prima, e siamo curiosi di scoprire che lingua parlano quei due seduti al tavolo vicino. E la più bella scena di caffè mai vista al cinema in "C'era una volta in America", dove per un minuto abbondante Sergio Leone fa rigirare il cucchiaino a De Niro come la lancetta incantata di un orologio, che testimonia il sentimento di riportare a galla l'antica solidarietà infantile della banda, guastata dalla voglia di potere. Un minuto di film dove si sente solo il tintinnio e si vedono solo le facce mute che guardano quella tazzina dicendo tutto senza dire niente. Perché il caffè ci scandisce il tempo, come fanno i compleanni, che pure se non li festeggiamo c'invecchiano ugualmente.
«Ah, che bell' 'o cafè / pure in carcere 'o sanno fa / co' 'a ricetta che 'a Ciccirinella / compagno di cella, c'ha dato mammà» cantava Fabrizio De Andrè. E c'è un posto anche per il grande Eduardo De Filippo, in omaggio alla commedia "Questi fantasmi!" in cui nei panni del protagonista svelava i trucchi per la preparazione del caffè al dirimpettaio "professore".
Ciascuno metta i suoi avventori preferiti nel proprio bar dell'immaginazione: quel professore antipatico dei tempi della scuola, il perduto amore adolescenziale, gli amici che se ne sono andati prima di lui… mentre qua restiamo tutti noi, vivi immeschiniti con la bustina di zucchero in mano. I vivi, sempre quelli.