Scritture scriteriate

La tappezziera

Capita certamente a molte persone di dover ricorrere a piccoli lavori artigianali: cucito, falegnameria, una cornice, la saldatura del manico di una pentola, la risuolatura di scarpe, cose così, semplici e indispensabili.

Tempo fa mi sono rivolto ad un laboratorio di tappezzeria per un lavoretto. Mi indicano un posto fuori città e vado. Mi aspetto uno di quei laboratori negozi ben arredati, pulitissimi, ordinatissimi, con sala espositiva, pubblicità quasi artistiche strategicamente esposte. Scopro invece un laboratorio di vecchi tempi quando l'artigianato era molto più diffuso. Ma vengo al luogo che mi ha suscitato strani sentimenti e memorie.

Appena entrato un silenzio polveroso pieno di colori. Intorno regna un casino ordinato, i materiali sono sparpagliati dappertutto e viene il dubbio sul risultato del lavoro che stai per commissionare. Negozio, laboratorio, magazzino sono tutt'uno; accanto a merci lavorate, a vecchio mobilio, a mazzette di stoffe multicolori, gli occhi si posano su oggetti che nulla hanno a che fare con l'attività di tappezzeria. Ninnoli di ogni genere, un orologio sulla parete, fermo, è già lì come un simbolo, perché in effetti il tempo sembra essersi fermato nel passaggio dal rumore esterno ad un ambiente dove regna il silenzio.

Nell'attesa di parlare con il proprietario continuo a guardarmi intorno, incuriosito da tanti oggetti e immagini che non hanno molto senso in una tappezzeria. Foto di cari, una Madonna, un manifesto "Forza Ascoli", forse di quando la squadra era arrivata alla serie A. E ancora, rocchetti di filo, un calendario, mazzette di stoffe, il tutto senza un ordine decifrabile. Intravvedo anche due macchine per scrivere Olivetti, (una è la mitica 22) che fanno da contrappunto a due macchine per cucire vecchie ma ancora in uso. Dopo un po' mi accoglie una donna, dai modi diretti, simpatica, vestita in modo semplice ma pratico. Un buon giorno e subito dice se può accettare la commissione e a quali condizioni. Pur in mancanza di spazio si muove con sicurezza; come lo storico libraio della mia città, che impilava i libri in una babele nella quale solo lui sapeva ritrovare un testo, la signora dondola disinvolta fra oggetti e materiali; a colpo sicuro trova le stoffe giuste nei campionari sparsi un po' qua un po' là.

È prodiga di consigli, si intuisce un'esperienza artigianale di lunga data, ma non sottolinea questa qualità. Sullo sfondo un uomo in camice marron sta lavorando a una poltroncina, mi pare. Lo saluto e chiedo se è da molto che opera in in questo laboratorio. Risponde che in realtà e lì solo per fare un suo lavoretto. Questo mi fa ricordare come i rapporti nel mondo del piccolo artigianato fosserro fatti anche di queste minime collaborazioni. Allora chiedo alla signora in quanti lavorino lì. La risposta è secca e stavolta orgogliosa: "Ci lavoro solo io!", il che spiega anche la presenza delle macchine per scrivere: ogni funzione, mansione, compito fanno capo a lei.

Alla fine esco dal laboratorio/negozio/magazzino convinto che il lavoro sarà buono. Magari mi sbaglio, ma almeno per una mezz'ora ho vissuto in uno di quei luoghi che stanno scomparendo.