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Censura

In un'epoca in cui le settantenni danno dei punti alle quarantenni per intraprendenza e fascino, mamma Rai festeggia i suoi settant'anni nella forma peggiore. Prima la fuga di Amadeus, il re degli ascolti, poi il Porta a porta sull'aborto con tutti ospiti maschi, che è un po' come un convegno sulla matematica affidato agli opinionisti; infine la censura del monologo antifascista dello scrittore Antonio Scurati. Nel suo intervento, l'autore della trilogia su Mussolini (opera bellissima che consiglio di leggere) ricordava l'assassinio di Matteotti e le stragi di Sant'Anna di Stazzema e di Marzabotto, che a distanza di vent'anni disegnano la parabola omicida del fascismo, dall'assassinio politico all'eccidio indiscriminato. La scusa delle eccessive pretese economiche di Scurati ha retto per poche ore, impallinata dalla diffusione di un documento che testimonia come l'annullamento della prestazione di Scurati sia avvenuta "per motivi editoriali". Traduzione: perché parlava male del fascismo. Ora, parlare male del fascismo è considerato giusto e normale in tutti i paesi civili (dove per fascismo si intende anche il nazismo, senza i distinguo che facciamo noi italiani per salvarci la faccia). Nei paesi civili, che siano governati da conservatori o da liberali, dire che Mussolini e Hitler hanno provocato disastri è un'ovvietà, una tautologia, come affermare che l'acqua è bagnata o che il cavallo è un quadrupede. Se oggi la nostra televisione pubblica sopprime un monologo in cui si sostiene ciò che è evidente al resto del mondo, come devono regolarsi le persone che lavorano per quella televisione? Mi chiedo, ci sarà ancora un segnale orario Rai, o sarà divisivo anche affermare che una certa ora è esatta? E il meteo potrà ancora diffondere le previsioni elaborate dal satellite che non rispetta la par condicio fra sole e pioggia, o preferirà farsele mandare direttamente dall'ufficio stampa della premier? Pardon, del premier.