Specchio delle mie brame...
Me le ricordo ancora le prime elezioni europee. Era la metà di giugno del 1979 e mi mancavano meno di due mesi per congedarmi dal servizio militare. Votai Partito Comunista Italiano in una scuola di Sassari. Un'elezione importante che portava alle urne i nove paesi della Cee, la Comunità economica europea, all'epoca minuscola e tutta sbilanciata a Occidente: si fermava a metà Germania, mancavano tutti i Paesi dell'ex blocco comunista, ma anche l'Austria, la Spagna e la Grecia, e l'unico paese scandinavo era la Danimarca. Sembrava Giochi senza frontiere senza la Svizzera. Forse era proprio quella simpatica trasmissione estiva, in cui le squadre dei vari paesi si sfidavano fra tuffi e pagliacciate, a rendere elettrizzante quel primo voto europeo.
Ricordo anche le seconde elezioni europee, cinque anni dopo, nel giugno del 1984, mi ero sposato da poco più di un mese: erano le prime elezioni senza Enrico Berlinguer, morto la settimana prima durante un comizio, e ci fu il clamoroso (e praticamente inutile) sorpasso del Pci sulla Dc. Invece la tornata elettorale di pochi giorni fa ha coinvolto ben ventisette paesi, il triplo che nel 1979.
Anche se molti si definiscono ancora "antieuropeisti", i giovani hanno capito che non si può preferire le piccole patrie e i particolarismi egoistici a un'unione che permette loro di circolare liberamente da Helsinki a Madrid, da Dublino ad Atene, senza tirare fuori un passaporto o cambiare moneta. L'antieuropeismo è un acciacco che colpisce i vecchi, come l'artrosi e le macchie dell'età. Ma ormai la fase acuta sembra superata, anche se ci sono voluti il disastro della Brexit e il Covid per far abbassare la cresta e i toni ai fan del «meglio da soli». Alle Europee 2024 il partito Italexit, abbandonato dal suo fondatore Gianluigi Paragone, si è presentato solo nella circoscrizione meridionale con il simbolo in condominio con il Partito Animalista – e questo dice tutto.
Ma a giudicare da quel che si è visto in campagna elettorale, i partiti che a parole vedono il futuro dell'Italia solo all'interno dell'Ue, non sembrano nutrire per le istituzioni europee tanto rispetto e attaccamento, visto che per tutti è stato soprattutto uno specchio delle loro brame cui chiedere chi è il più bello del reame. L'elettore che si è recato al seggio poteva essere colto dal dubbio se stava votando per rinnovare un parlamento o se partecipava a un sondaggio. Ma se al seggio c'è andato vincendo la disaffezione e anche un certo risentimento per una caccia al consenso mai così volgare e spregiudicata, significa che, in fondo, all'Europa ci crede ancora.