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a cura di Maurizio Minnucci

Dolcenera

Con questa canzone Fabrizio De André ci regala un brano dal significato ambivalente, tra una tragedia che si consuma e una dirompente solitudine. Il cantautore genovese racconta una vicenda romanzata all'interno di un fatto storico realmente avvenuto: l'alluvione di Genova del 1970. A causare il disastro fu la pioggia che causò l'esondazione di un torrente chiamato Polcevera, ed ecco anche l'assonanza col titolo del brano. La drammatica vicenda causò 35 morti.

La canzone ci racconta due storie intrecciate tra loro. La prima descrive la distruzione portata dall'acqua, alla quale De André dà appunto il nome di Dolcenera. L'acqua arriva impetuosa e causa paura e disperazione negli abitanti di Genova. Non è un caso che il coro della canzone, che riprende la classica tradizione del controcanto delle tragedie greche, sia cantato in genovese, con le voci che annunciano l'arrivo della catastrofe. La seconda storia riguarda la passione di un amore che si sta consumando nel medesimo momento, mentre l'acqua distrugge tutto. Una contrapposizione che si manifesta anche nel titolo del brano: Dolce (la passione) e Nera (l'acqua assassina).

Quello descritto da De André è un amore immaginario, il delirio di un uomo che sogna una relazione con una donna sposata: la "moglie di Anselmo". E mentre lui sogna di aspettare lei, la donna viene trascinata via dalla furia impetuosa dell'acqua. Nella mente delirante dell'uomo però quell'atto d'amore si sta effettivamente consumando, nonostante nella vita reale ci sia solo morte e distruzione. Dopo il coro entra la voce di De André, che ci descrive l'acqua che arriva: nera, che invade le strade, che irrompe senza bussare nelle case. Un'inondazione così non se la ricordava nessuno, ecco perché "nera che non si vedeva da una vita intera".

La situazione è drammatica: l'acqua sta mietendo le prime vittime senza pietà: ammazza e passa oltre, arrivando dove neanche la luna arriva: nelle cantine, nei piani interrati. Mentre la popolazione si dispera, nella mente dell'uomo c'è solo un pensiero: la donna amata, la moglie di Anselmo. Del resto "l'amore ha l'amore come solo argomento": chi ama si preoccupa solo dell'amore, il resto non conta, e il disastro è solo "il tumulto del cielo ha sbagliato momento".

Intanto l'acqua avanza e De André, come aveva già fatto nella prima strofa con la parola "nera", la mette ossessivamente come soggetto di ogni verso, come a volersi contrapporre alla visione delirante dell'uomo: è l'acqua la protagonista di questa vicenda, non il suo amore. Un'acqua che non aspetta il momento giusto, che dopo aver invaso le cantine ora risale le abitazioni "portando male", cioè la morte.

È acqua che non viene dal mare, quindi "senza sale", proprio perché causata dall'inondazione di un torrente. E nel suo percorso impetuoso spacca anche il monte. Poi De André ci regala un'immagine potentissima: da una parte l'acqua che arriva alla donna, trascinandola via, dall'altra la fantasia dell'uomo che immagina di fare l'amore con lei, mentre "il lenzuolo si gonfia sul cavo dell'onda". Nel frattempo qualcuno si chiede chi possa avere responsabilità in merito alla catastrofe. E poi un'altra forte contrapposizione di immagini: "l'acqua che stringe i fianchi" dell'uomo ancora immerso nella sua fantasia, e l'acqua che uccide gli uomini per le strade, come fossero pesci intrappolati in una rete: una "tonnara di passanti".

Poi le acque sembrano calmarsi, gli abitanti che si erano rifugiati ora escono allo scoperto: la battaglia è finita. Questi devono ora aiutarsi a vicenda, prendersi per mano dopo la catastrofe. Nel frattempo De André ci regala una delle frasi più incredibili della storia della canzone italiana: "come fa questo amore che dall'ansia di perdersi ha avuto in un giorno la certezza di aversi". L'uomo, ancora nella sua fantasia, è riuscito a fare l'amore con la donna, nonostante le condizioni atmosferiche. È ovviamente solo una sua immaginazione. Ciò che è avvenuto alla moglie di Anselmo lo scopriremo nelle strofe successive.

Più volte nel corso del brano De André ha provato a "personificare l'acqua", addirittura dandole un nome. Ora ce la descrive mentre ritorna da dov'è venuta, quasi come un adolescente che ha tirato fino a tardi e ora torna a casa. Dopo aver distrutto tutto, l'acqua si ritira indifferente al dolore che ha causato. "Sfila tra la gente come un innocente che non c'entra niente" quando in realtà ha devastato un'intera città. "Fredda come un dolore, Dolcenera senza cuore".

"E la moglie di Anselmo sente l'acqua che scende
dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle
nel suo tram scollegato da ogni distanza
nel bel mezzo del tempo che adesso le avanza
così fu quell'amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare"

Con l'ultima strofa De André ci rivela il finale: la moglie di Anselmo è morta e l'acqua in ritirata scorre sul suo cadavere, lasciandole i vestiti incollati al corpo freddo e senza vita. Come un tram scollegato è lì ma non può muoversi, mentre la vita ha fatto il suo corso. Così come ha fatto il suo corso quell'amore che non è mai realmente avvenuto. Tuttavia per l'uomo è stato così sentito da sembrare autentico, così splendido e vero da potervi ingannare. Uno dei capolavori del grande Faber.