Dove non siamo mai stati

21.05.2021

Ci sono delle emozioni che permangono uguali a loro stesse ogni volta che si spinge il tasto giusto per rievocarle. E così ogni volta che ascolto una canzone di Franco Battiato mi torna in mente sempre la stessa scena, quando con la Giulietta che mi prestava mio padre andavo dalla collina verso il mare ascoltando "Centro di gravità permanente", che stavo cercando anch'io con tutte le forze e che l'adolescenza mi aveva fatto perdere dopo un terribile knock out. La musicassetta che lo conteneva si intitolava La Voce del Padrone. Immenso, splendido, immortale album scritto da un immenso, immortale e coltissimo autore che se n'è andato lasciando un grande vuoto intellettuale e culturale.

Canzoni che conosco ancora adesso a memoria, tra gesuiti euclidei, bonzi, imperatore e dinastia dei Ming, esotismi orientali, misticismo, riferimenti letterari, scanzonati giochi linguistici, frasi prive di un nesso causale tra loro accompagnate da una contaminazione musicale tra musica contemporanea, strumentale e orchestrale, pop, colta e d'autore. Una musica "altra" rimasta sedimentata nella memoria di più generazioni.

Come tutti i maestri, è stato inapparente e fedele al suo stile, i suoi testi sono stati un messaggio di avversione, derisione e sberleffo del potere; del potere misero, micragnoso, inciucione e baciapile. Quei politicanti opachi, quegli intellettuali lacchè e proni al padrone di turno, quei parassiti senza dignità usi a maneggiare nell'ombra. Non è stato mai di qua né di là persino quando ci stavano tutti. E quindi non poteva che spiazzare chi è aduso alla comodità della rosa dei venti, agli spigoli dei punti cardinali in cui viene spesso risolta la geografia politica. Non cadde mai in questo gioco compulsivo. Non cadde mai nel bipolarismo Peppone e don Camillo, nella ruffiana leva obbligatoria dell'impegno quando sarebbe stato facile far passare la ricerca del centro di gravità permanente o i versi di "Povera Patria" come un accredito politico, civile, sociale. Franco Battiato fu un raro caso di "uomo libero", simile per certi aspetti a Federico Fellini, che superò il neorealismo alla ricerca del mistero dei sogni e della morte.

Lascia un'Italia sommersa da immondizie musicali, impregnata di rapper mediocri e sedicenti talent governati da personaggi ectoplasmatici. Un popolo ignorante schiavo delle mode del momento, dagli ineffabili influencer agli opinionisti incompetenti, dai personaggi costruiti ai pensatori dei pensieri unici.

L'eredità culturale di Franco Battiato ci spinge ad essere migliori, a combattere intellettualmente per liberare la nostra povera Patria dai cialtroni e dalle immondizie pseudo-musicali e pseudo-poetiche. Per mantenere vivo Battiato non basta la sua musica, né l'impegno degli eredi o degli appassionati, che al massimo possono mantenere vivo il ricordo. Per mantenere vivo Battiato servono altri artisti che, come ha fatto lui, ci portino dove non siamo mai stati.