Il colore dei nonni

28.08.2020

E' pazzesco come un tocco di colore possa cambiare la percezione del passato. Ho visto su RaiStoria i filmati restaurati della Grande guerra e mi sono reso conto che è solo il bianco e nero a rendere quei volti e quei paesaggi così distanti da noi. Quando le facce diventano rosee, le divise grigioverdi e il cielo azzurro, gli spezzoni di battaglie vecchie di un secolo sembrano uscite dai tiggì che vediamo all'ora di cena, quei soldati diventano improvvisamente ragazzi come i nostri, solo un po' più magri e sparuti.

Anche le riprese girate lontano dai campi di battaglia ci danno un brivido: le famiglie sorridenti sullo sfondo del più sanguinoso e insensato conflitto della storia, assomigliano alle nostre e sembrano molto più moderne e naturali dei personaggi di una serie in costume su Sky. Erano padri, madri e figli che, nei limiti del possibile, si godevano la vita e gli affetti e facevano gite e andavano in vacanza, anzi, in villeggiatura.

Il turismo non era ancora di massa ma non era più appannaggio solo di pochi privilegiati: il sole e i bagni al mare erano considerati non solo un piacere ma anche una terapia e una profilassi per tubercolosi e rachitismo. Mi è capitato di vedere un filmato d'epoca ricolorato risalente al 1896 e girato nientemeno che dai fratelli Lumiere, gli inventori del cinema, che mostrava un gruppo di villeggianti su un bagnasciuga. Ragazzi e ragazze con sottane e calzoni rimboccati setacciavano l'acqua bassa con i retini in cerca di conchiglie, sotto lo sguardo vigile di altre signore in gonna lunga, camicetta elegante stretta in vita e cappellino di paglia.

Il colore e il restauro toglievano ai movimenti delle persone l'artificiosità e l'andatura da marionetta che siamo abituati a collegare al cinema muto, e così quei ragazzi e quelle signore diventavano nostri contemporanei, soltanto molto più vestiti di noi. Ma come facevano a godersi il mare con tutta quella roba addosso? Non trovavano fastidiosi gli indumenti bagnati e insabbiati appiccicati alle gambe? E chissà che caldo sotto quegli strati di sottovesti e mutandoni, per non parlare delle calze e degli stivaletti inzuppati. Eppure quegli uomini e quelle donne di centoventi anni fa non erano selvaggi, probabilmente leggevano più di noi, studiavano in ottime scuole e ogni giorno leggevano sui giornali notizie di mirabolanti innovazioni tecnologiche - anzi, nella fattispecie stavano sperimentando una delle ultime conquiste del progresso, il cinema.

Ma l'abbigliamento non si era ancora evoluto alla stessa velocità, le persone beneducate, specialmente le signore, non scoprivano il corpo nemmeno al mare con trenta gradi all'ombra, qualche deroga era concessa solo ai fanciulli. Ci sono volute due guerre e varie rivoluzioni socio-culturali, compresa quella femminista, perché potessero circolare in spiaggia praticamente nude e godere del sole e del mare. Anche il burkini - se ne vede qualcuno anche sulle nostre spiagge - racconta un dialogo complesso fra pudore, tradizione e voglia di libertà, con tempi e modi diversi dai nostri, e non in un filmato in bianco e nero ma in un presente dalle mille e complesse sfumature.