La voce del silenzio

20.04.2020

La prima cosa che porterà la cosiddetta Fase 2 è il tradizionale rumore di fondo nelle nostre città, con la riapertura di alcune attività e una ripresa seppure ancora parziale del traffico automobilistico. Questo fischio d'inizio disorienterà molti ma segnerà una sorta di ritorno alla "normalità".

Già da qualche giorno i poetici cantori del "tempo sospeso" e del vuoto come occasione per riscoprire lo spazio interiore, stanno lasciando la scena mediatica uno dopo l'altro. Anche l'ottimismo, tirato così per le lunghe, sta cedendo il passo a una visione più scettica e disincantata del mondo post-Covid-19. Altro che rinnovato apprezzamento per le piccole cose, ricerca di valori più autentici e riscoperta della natura! Non sono soli i due Mattei più antipatici d'Italia a smaniare per la ripresa di alcune attività economiche, e l'impazienza è come se stesse cancellando le piccole buone certezze di questi giorni.

Francesco Guccini dice che non saremo migliori quando tutto questo sarà finito, e c'è da prenderlo sul serio, perché da che mondo è mondo la storia non ha mai insegnato nulla a nessuno. E se non saremo migliori, allora poniamoci una domanda più semplice: davvero tornerà tutto come prima?

Volendo non perdere la speranza, i sognatori di un cambiamento devono prendere atto che si è aperta quantomeno una fase dialettica. Con il senno di poi, una componente chiave di quella che si può chiamare la "reazione del sistema" è stata senza dubbio l'insopportabile ondata di retorica propagandistica che si è levata, le bandiere d'Italia e i video d'orgoglio nazionale, gli arcobaleni dell'andrà-tutto-bene e le cantate al balcone, tanto bla-bla-bla sull'eroismo e il sacrificio: non a caso tutto questo materiale è diventato subito cinicamente nuovo materiale per i pubblicitari.

Va ripensata anche quella sorta di "romanticizzazione della quarantena" cui abbiamo assistito da subito, spinta a vario titolo da personaggi dello spettacolo e del costume, a fronte degli effetti d'impoverimento ulteriore per la popolazione più disagiata nonché d'allargamento dell'enorme platea di poveri (dai 14 milioni già si calcola che siamo saliti a 21 milioni in poche settimane).

Da più parti è stata messa a tema anche l'opportunità di questa sosta forzata e improvvisa: dalla retorica dell'ascolto di una improbabile "voce del silenzio", al dovere di affrontare il vuoto senza la frenesia di riempirlo. Affrontare il tempo vuoto, la noia, l'attesa, tutte cose che l'uomo prima di noi era abituato a vivere.

Tra gli effetti di questo strano "silenzio" di fronte al quale ci siamo trovati nel periodo di quarantena c'è stata, non a caso, l'impennata degli ascolti televisivi e radiofonici delle cerimonie religiose tradizionali. Da qui a parlare di una riscoperta collettiva della dimensione interiore, il salto è notevole, perchè la divinità non si manifesta nella tempesta ma nel lieve mormorio di un silenzio.

Ascoltare la voce del silenzio non è facile, perché è più impalpabile del virus. Magari qualcuno c'è riuscito anche nella Fase 1, e forse ha scoperto di essere diventato solo più povero, anche di spirito.