L'ottimismo della volontà

05.03.2024

Venerdì prossimo è l'Otto marzo, la festa della donna, una ricorrenza importante perché non bisogna mai smettere di celebrare le conquiste che sono state fin qui raggiunte, vittorie che rendono l'ultimo secolo il più paritario della storia umana (sulla preistoria non abbiamo notizie certe, solo l'immagine di un cavernicolo che trascina per i capelli la sua compagna).

I diritti civili e politici raggiunti dalle donne non vanno mai dati per scontati: la triste situazione di Paesi come l'Iran e l'Afghanistan ci dimostra che non bastano un paio di generazioni di donne in pantaloni e capo scoperto, libere di frequentare l'università e di esercitare professioni importanti, per scongiurare per sempre il rischio di rotolare verso regimi sessisti e oppressori che impongono veli e divieti.

C'è ancora domani, il bellissimo film di Paola Cortellesi, ci ha raccontato le difficoltà delle nostre madri in un'Italia che aveva ritrovato la libertà ma non garantiva ancora una piena uguaglianza alle sue cittadine. A distanza di quasi ottant'anni dobbiamo constatare che le leggi si sono evolute più in fretta di molti cervelli, e l'approdo di una donna a palazzo Chigi, più che la conferma di un traguardo raggiunto dalle italiane, sembra l'unico segnale di segno contrario rispetto a una generale stasi, se non addirittura retromarcia. Lo dicono il numero costante dei femminicidi, la maglia nera in Europa in fatto di occupazione femminile, la sempre maggiore impraticabilità dell'interruzione di gravidanza, e anche provvedimenti come il ripristino della tampon tax o le limitazioni alla gratuità della pillola anticoncezionale. Ce lo ricorda la tendenza dell'opinione pubblica, specie quella social, a scagliarsi con più accanimento e volgarità contro celebrità femminili. Ce lo prova l'emergere prepotente di paladini della "mascolinità oppressa" come il generale Vannacci o il sindaco di Terni Stefano Bandecchi, che in qualunque altro posto, perfino nell'Italia di fine Novecento, sarebbero stati considerati casi psichiatrici o, nel caso migliore, personaggi di Franco Bracardi, il comico che interpretava il fascistone Catenacci.

L'Otto marzo 2024 non si prospetta allegro e battagliero come quelli femministi degli anni Settanta-Ottanta, e nemmeno sbruffone e frivolo come quelli di inizio millennio, con le uscite fra amiche, gli striptease maschili e le mimose troppo care e civettuole per essere davvero militanti. Prevarranno, probabilmente, i toni addolorati a scapito della speranza e della fiducia nell'avvenire, sentimenti di cui nessun movimento e nessuna rivoluzione possono fare a meno.

Care donne, venerdì prossimo non lasciate spazio solo all'amarezza per ciò che ancora non è stato conquistato. Date voce anche all'ottimismo della volontà, alla certezza che impegno, coraggio e solidarietà daranno risultati, se non per voi, per le vostre figlie. I diritti di cui godete oggi sono il frutto delle battaglie delle vostre madri. Se si fossero lasciate vincere dallo sconforto, forse oggi non ci sarebbe nemmeno più un Otto marzo.