'O scupatore

01.11.2022

L'uguaglianza non sempre è una bella cosa. «Ccà dinto 'o vvuo'  capi' ca simmo eguale? / Muorto si' tu e muorto so' pur'io». Il 2 novembre non si può non dedicare un pensiero ad Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, in arte Totò. Una sua poesia, forse la più bella e intensa, s'intitola 'A livella. Incaricò un netturbino -'o scupatore - di spiegare al marchese che «staje malato ancora e' fantasia», che è inutile si senta un gran signore e lo disprezzi perché fa lo spazzino, tanto la morte rende tutti uguali.

Prima della morte, però, siamo diseguali, anche se si usa dire il contrario per posa e falsa bontà, ma non è vero. Siamo uguali davanti alla legge, lo siamo nei diritti e nei doveri, per il resto siamo diversissimi l'uno dall'altro. Evviva. Pensa che noia parlare con uno uguale a me.

Quindi, solo morendo il marchese e lo spazzino diventano uguali? A parte che Totò, nato povero ai quartieri spagnoli e morto con quella sfilza di nomi, sarebbe la dimostrazione del contrario, ci sarà pure un modo per cambiare le cose senza passare per la burletta del blasone. C'è la meritocrazia. Solo uno sciocco può pensare che si debbano difendere gli ultimi dalla meritocrazia, perché quello è un modo per lasciarli ultimi fino al trapasso, sperando solo in un'uguaglianza ultraterrena.

Invece credo che non solo lo spazzino deve poter soppiantare il marchese, ma il figlio dello spazzino deve potere far mangiare la polvere a quello del marchese, cosa che potrà avvenire solo se il vantaggio di partenza del ricco titolato avrà un peso inferiore alla selezione che si opera a scuola e, quindi, nel mercato che si apre dopo.

Se si cede alla trappola socio-filosofica che nessuno strumento di valutazione è così buono da stabilire chi sia bravo e chi no, o in quella socio-epigenetica che i privilegiati generano privilegiati, o in quella socio-lassista che dischiude il campo al socio-accattonaggio del mantenimento degli ultimi per evitare che venga loro voglia di soppiantare gli avvantaggiati, uno solo sarà il risultato: 'o scupatore resterà scupatore e metterà al mondo uno scupatore.

Il merito non dovrebbe essere uno slogan ma una pratica, che non si può verificare se non si comincia a scuola, dalle cattedre. Fate il conto di tutti quelli che chiesero a gran voce la stabilizzazione dei precari e toglieteli da quanti sono credibili quando parlano di merito. Non ci rimane quasi nessuno. Per praticare il merito a scuola bisogna farlo valere anche nella carriera e nella retribuzione dei docenti, e per conoscerlo si devono misurare i risultati seguendo il "prodotto", ovvero gli studenti. Una scuola che promuove tutti e quelli in difficoltà se li perde per strada non è né lassista né classista: è inutile.

In cattedra ci devi mettere quelli bravi, non il nipote del preside, solo in questo modo la diseguaglianza non sarà una brutta cosa.