Saper leggere oltre il trasparente

24.11.2023

Credo sia giusto chiedersi, con onestà intellettuale e – nei limiti del possibile – senza farsi trascinare dall'impressione umanissima e sconvolgente per quanto accaduto, se si possa fare qualcosa di più e diverso in ambito familiare. Arriverò alla scuola, ma vorrei partire proprio da mamma e papà, dalla capacità dei genitori non solo di impartire lezioni ed esempi (cosa di per sé difficile) ma di saper "leggere" i figli oltre quel tanto di trasparente.

Educare non può essere soltanto insegnare regole di vita in comunità, il rispetto degli altri e di sé stessi, l'intangibilità della persona e dei diritti altrui. Educare significa anche (dal latino educere, "tirar fuori") scavare, conoscere e capire per intervenire. Sia chiaro, non sto parlando delle famiglie direttamente coinvolte nello strazio di Giulia Cecchettin, perché non oso neppure immaginare cosa possa significare per un padre perdere una figlia e per due genitori scoprire l'abisso più nero e atroce nel proprio figlio.

Va tentata una riflessione più generale: chiedersi se siano innanzitutto i genitori a doversi riconsiderare, a interrogarsi su quanto sappiano o non sappiano interpretare comportamenti e segnali. Su quanto tempo sappiano concedere agli aspetti più delicati e immateriali di quel lavoro meraviglioso e spaventoso che è crescere e lasciare andare nel mondo le loro creature.

Ormai i nostri ragazzi sono ineducati a gestire i "No" e gli inevitabili piccoli e grandi fallimenti della vita, al punto da poter in casi estremi arrivare a perdere il controllo. Si parla tanto di meritocrazia e credo che la meritocrazia stessa nasca innanzitutto dalla capacità di riconoscere l'altro. Chi crede nell'individuo e nelle sue potenzialità non può tollerare nessuna sopraffazione, figurarsi la violenza.

Riusciamo, in famiglia, a sviluppare la consapevolezza che il nostro stesso successo nella vita discenda anche dal rispetto di scelte, pareri e talvolta giudizi altrui? Ne discutiamo mai? È qualcosa di più e di diverso dalle pur fondamentali indicazioni di buoni comportamenti. Non possiamo accettare l'incapacità di ascoltare le ragioni degli altri, di riconoscerne i sentimenti, anche se a volte ci fa capire di avere sbagliato. I genitori non sono psicologi o sociologi ma devono prendere coscienza che il mondo dei loro figli procede a una velocità tale da far apparire superati molti degli schemi educativi di un tempo. Non si tratta di rinnegare il passato e l'educazione che abbiamo ricevuto ma di saperla aggiornare.

Accennavo alla scuola, alla quale si chiede con una certa superficialità di "saper intervenire", soprattutto dopo le tragedie. Peccato che a chiederlo siano gli stessi impegnati a demolire l'idea di una scuola al passo con i tempi. Si pretende da professori abbandonati al loro amor proprio di essere interpreti della società che cambia e delle tensioni fra i generi. Ne demoliamo ogni giorno l'autorevolezza davanti ai nostri figli e poi ci lamentiamo se non riescono a prevenire. Cosa? La spontanea mobilitazione dei ragazzi è un'occasione per spronarli ad aprirsi e confrontarsi. Se necessario, a uscire dalle stanzette in cui talvolta – pur con le migliori intenzioni – le mamme e i papà si illudono di poterli rinchiudere per proteggerli.