Senza asterischi

04.01.2022

Si è chiuso l'anno più politicamente e ipocritamente corretto della storia. Mai in passato abbiamo letto tanti asterischi a fine vocabolo per "rispettare" l'interlocutore e tutta la sua fluidità di genere. Tantissimo fumo a cui mai è seguito l'arrosto. Qualche comparsata tv di alcune scrittrici, qualche smalto no gender in più sul mercato, qualche titolo di giornale, le compagnie aeree che hanno cancellato il poco inclusivo «Signore e signori, benvenuti a bordo» e una serie di pubblicità asteriscate. Tutto qui. Anche legare la proposta di legge Zan agli asterischi è stato un tentativo sbagliato di dividere i buoni dai cattivi.

Potrei scrivere mille altri esempi, così come degli inginocchiamenti dei calciatori come trasfigurazione plastica dell'asterisco in salsa razziale; la verità è che asteriscarci il linguaggio e la vita resterà un esperimento collettivo non riuscito con gli italiani. La nostra lingua è bellissima e magica, piena di un fascino e di una storia che hanno poche lingue al mondo, e nessuna evoluta tastiera di pc con asterischi e dittonghi riuscirà a romperne la poesia. I narcisi del politicamente corretto dovranno cambiare target. Alzeranno il livello ben oltre il linguistico e inizieranno a minare i ricordi oltre che le parole, allargando il campo a tutto il non corretto.

Qualche prodromo del revisionismo culturale inizia già ad emergere. Da qualche tempo la Disney accompagna i suoi storici film con un avviso in cui prende le distanze dai contenuti stereotipati e razzisti. Adesso quel messaggio è stato aggiornato: invece di rimuoverli, si legge all'inizio della proiezione: «Vogliamo che si conosca il suo impatto doloroso e sviluppare un confronto per creare insieme un futuro più inclusivo». Peggio di così non potevano aggiornarlo.

Si va da "Gli Aristogatti" (che ho rivisto a Capodanno in tv) dove un micio dal muso giallo e con gli incisivi pronunciati suona il pianoforte con le classiche bacchette cinesi, al film "Peter Pan" in cui i nativi indiani vengono chiamati pellerossa. In "Dumbo" i corvi che insegnano all'elefantino a suonare hanno una voce esageratamente da neri mentre il loro capo si chiama Jim Crow, il nome delle leggi segregazioniste in vigore negli Stati del Sud dalla Guerra civile fino agli anni Sessanta.

Non so voi, ma io non priverei mai un bambino de "Gli Aristogatti". Quando mio figlio era piccolo ho visto con lui tutte le possibili edizioni di "Peter Pan" e "Dumbo" cercavo sempre di evitarlo perché mi faceva commuovere. Quando terminava "Gli Aristogatti" non commentavo mai i denti del gatto dal muso giallo che suonava il pianoforte ma il comportamento del perfido maggiordomo Edgar, il quale, come tutti coloro che fanno azioni sbagliate, alla fine perdeva la partita. Non credo che sia una guerra tra conservatori e progressisti, piuttosto tra finzione e realtà. Tra un asterisco e la libertà di pensiero, ma anche tra il politicamente corretto e l'onere ben più faticoso di spiegare alle nuove generazioni i valori e come rispettarli.

Pensate per un secondo alla persona che stimate di più e a quella che stimate meno. Entrambe hanno visto senz'altro "Gli Aristogatti", ve lo garantisco, e non ne hanno tratto nessun impatto doloroso. Hanno semplicemente deciso di diventare quel che sono. Senza asterischi.