Un innovatore

14.06.2023

Dire che Silvio Berlusconi ha impresso un'impronta profonda nella storia d'Italia è dire una cosa ovvia. Si deve essere capaci di andare oltre. La sua scomparsa dovrebbe aiutare a farlo senza più il bisogno di contrastarlo o osannarlo per convenienza e senza l'ipocrisia del cordoglio di maniera. Lui ha seguito una sua traiettoria.

Partire dalla televisione aiuta molto a capire quello che poi è successo in politica. Tanto la sinistra comunista quanto il centro democristiano s'illusero di fermare il suo irrompere nei teleschermi accampando ostacoli di ordine tecnologico (la limitatezza delle frequenze) o giuridico (l'assenza di legittimità alle trasmissioni nazionali). Erano balle. Non capirono nulla di quello che stava succedendo e finirono con il favorirlo: le frequenze c'erano ed erano abbondanti, come sarebbe stato in grado di dimostrare chiunque possedesse un telecomando, mentre un anacronistico divieto d'interconnessione era aggirabile mettendo in onda la stessa cosa, nello stesso momento, da punti diversi di emissione. Quando s'accorsero di star difendendo l'impossibile s'incattivirono, perdendo la lucidità.

Fu un cambiamento positivo? Credo di sì. Gli italiani ebbero comunque a disposizione più contenuti e più voci. Quello che interessava al protagonista del nuovo mercato non era convincere gli italiani di un'idea o di un'altra, ma di attirarne l'attenzione e vendere pubblicità. Nessuno volle ammettere quello che accadde allora e che poi sarebbe accaduto pari pari in politica: per contrapporsi a Berlusconi e fermarlo, la Rai si berlusconizzò. Finanziata dal canone si mise masochisticamente a fare la gara dell'audience, perdendo identità.

In politica portò, nel 1994, un'idea inedita nella storia democratica italiana: il bipolarismo. Prendo chiunque pur di battere gli "altri". Nel breve volgere di due anni anche la sinistra fu berlusconizzata: mettiamoci con chiunque pur di batterlo. Sono ancora lì. E, scomparso l'innovatore, c'è il forte rischio che ci si resti.

Dominando il polo di centrodestra, Berlusconi finì con il bloccare anche l'evoluzione della destra, quella che era stata nostalgica del fascismo, quella che fu di Giorgio Almirante e poi di Gianfranco Fini, la quale capì di dover liberarsi da quel passato ma pagò caro il provare a far concorrenza alla forza straripante di Berlusconi. E infatti perse. Nel frattempo stava crescendo un'altra destra, che non era nostalgica del ventennio ma che si era formata negli anni Settanta e nello squadrismo di piazza in lotta con l'estrema sinistra, allora molto forte. Di quella destra è figlia Giorgia Meloni.

In seguito, Berlusconi perse la forza di cambiare gli equilibri, dopo averli dominati. Quando tutti avevano imparato da lui a sondare e seguire gli istinti dell'opinione pubblica (anziché indirizzarli), lui rimase solo a pensare che dei limiti c'erano e che non si poteva vendere qualsiasi cosa pur di fare fatturato o prendere voti. Oggi che se ne va un innovatore si spera che, almeno, una cosa da lui si sia imparata: chi pensa di occupare il futuro con gli schemi del passato è un bene che sia sconfitto.