Un intreccio di grigi

16.11.2023

Se sapessi che uno dei miei figli o figlie partecipasse a una manifestazione in cui si inneggia ad Hamas ci rimarrei male. Nella mia lontana gioventù ho sfilato in cortei per cause buone e sconclusionate, e non mi viene in mente nessuna protesta in cui noi studenti sostenessimo apertamente dei terroristi. Gli slogan a loro favore c'erano, però si leggevano scritti sui muri con lo spray, anche perché la polizia di allora non si limitava a pestare o a caricare i ragazzi nei cortei, poi li andava a trovare a casa.

Se mio figlio o mia figlia se ne andassero a scandire «Com'è bello quando brucia Tel Aviv», come hanno fatto gli studenti del liceo Manzoni di Milano all'indomani della mattanza del 7 ottobre, non vorrei mandarli in galera come dice Salvini, piuttosto mi domanderei cos'è andato storto nell'educazione che gli ho dato, visto che il risultato è che trovano simpatici e giustificabili dei banditi che hanno sgozzato, stuprato e rapito ragazzi vestiti come loro e che ascoltavano la loro stessa musica.

Soprattutto mi interrogherei su cosa li spinge a guardare l'interminabile e ancora più irrisolvibile dramma mediorientale come si guarda una partita di calcio. Qui la risposta è semplice: l'ignoranza. Perché appena provi ad approfondire la storia della questione palestinese il bianco e nero diventa un intreccio di grigi molto più grande della Palestina e di Israele. È un rebus che richiederebbe solutori più che abili, come i leader politici, arabi e israeliani, che nei decenni passati si facevano la guerra ma riuscivano anche a sedersi a un tavolo per sforzarsi, con alterni risultati, di trovare un accordo.

Ora invece da una parte c'è un governo che non è stato in grado di proteggere il suo popolo da un raid effettuato con i deltaplani, e un altro che sembra disposto a usare il suo popolo come scudo umano. E per quanto ingenuo e puerile possa sembrare, l'unica causa giusta e degna di essere difesa è il diritto di quei due popoli – non entità astratte, ma fatti di persone – di vivere in pace e sicurezza. Una causa che dovremmo difendere soprattutto noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere e crescere in un paese imperfetto ma libero, da ottant'anni al riparo dagli orrori e dalle privazioni della guerra sul suo territorio, ma non dal terrorismo animato da ideologie assassine.

Tornando al discorso dei figli, storcerei il naso anche se tifassero in modo sfegatato per Netanyahu.