Una boiata pazzesca

10.10.2022

Sul Pd e sul suo futuro se ne sentono di cotte e di crude. Improvvisamente, gli stessi che hanno passato un quarto di secolo a respingere ogni critica, stanno riversando su di esso un mare di critiche, le stesse che fino a ieri - quando a formularle erano quelli fuori dal partito - si ostinavano a ignorare. È come se la sconfitta gli avesse aperto gli occhi e avesse rotto l'incantesimo che per tanti anni gli ha permesso di non guardarsi allo specchio.

Ora, improvvisamente, si accorgono che non si sono mai seriamente occupati dei veri deboli, che per l'immigrazione irregolare non hanno mai avuto soluzioni, che l'ostinazione sui diritti civili a scapito dei diritti sociali è stata un errore e che il politicamente corretto è "una boiata pazzesca", per dirla alla Fantozzi.

C'è chi chiede un congresso subito, chi lo vuole a primavera, chi vuole sciogliere il partito, chi dice che chiunque abbia avuto ruoli nei Ds o nella Margherita dovrebbe fare un passo indietro, chi si accorge che il partito che guiderà il prossimo governo è stato all'opposizione e non può essere chiamato alla corresponsabilità.

Ma veniamo al dunque. I vincitori delle elezioni hanno sostenuto che il Pnrr deve essere rivisto e si sono opposti ad alcune delle riforme in esso previste; nel corso della campagna elettorale e nei giorni successivi al voto gli oppositori di ieri hanno adottato un encomiabile approccio in continuità; la sfida, per loro, consiste nel tradurre in realismo di governo quel che dissero per raccogliere consensi.

Il giudizio dell'agenzia Moody's sul debito italiano era già negativo, perché ci troviamo a un gradino dalla spazzatura. Lo è rimasto anche durante il governo Draghi (perché riguarda il debito, non la simpatia). Ora fa sapere che l'eventuale abbandono delle riforme previste dal Pnrr porterebbe a un declassamento, vale a dire scendere quel gradino che ci farebbe piombare dritti dritti nel bidone della spazzatura. Questa è la posta in gioco. Per noi altissima.

I governi si giudicano dai fatti e quello Meloni non è ancora nato, quindi bocciarlo o promuoverlo oggi sarebbe non un giudizio ma un pregiudizio. Ma tocca a chi governerà spiegare se sul terreno delle riforme - come ha già positivamente fatto su quello della politica estera e dello scostamento di bilancio - intenderà agire in continuità con il governo esistente o con i propri slogan d'opposizione.

Per l'Italia sono preziosi non solo i soldi, ma anche i cambiamenti che il Pnrr prevede. Perderne anche una sola parte significa affossare un'occasione storica. Continuare quel lavoro significa rendere un servizio al Paese ma anche allontanarsi da diverse cose che si dissero, compresa la ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), tanto più quando si lambisce la spazzatura.

Il pericolo non è che si torni a distribuire olio di ricino, ma che se ne ottengano gli effetti senza berlo. In questo momento l'interesse dell'Italia è che il governo Meloni riesca ad essere governo e non riscatto identitario di una fu minoranza, alla faccia dei nostalgici di ieri che grideranno al tradimento. Il masochismo può piacere a uno o a dieci (auguri!) ma non all'Italia intera.